America: Coltiveremo il Tartufo Bianco nell’ Orto, ma i Trifulau hanno da ridire
Il 12 Ottobre 1492 Cristoforo Colombo scoprì l’ America, ma fu Amerigo Vespucci che si accorse di non essere in Asia, e sempre grazie a lui che il nuovo mondo deve il suo nome. Stando a quanto riportato dal quotidiano la Stampa, oggi è il continente americano che si prepara ad una grande rivelazione: Coltivare il Tuber Magnatum Pico.
A questo punto non vi è difficile immaginare la faccia che hanno fatto i trifulau del Piemonte, culla dell’tartufo bianco, quando nelle edicole hanno visto le locandine che titolavano: Tartufo Bianco Coltivato negli orti!
Articolo poi rivelatosi per niente avaro di inesattezze, che l’unione dei trifulau piemontesi, per penna del loro presidente, Agostino Aprile, non ha tardato a far notare in una lettera aperta, proprio al quotidiano la Stampa.
Vi riportiamo a memoria, alcuni dei punti più salienti, partendo proprio da questo
Già il titolo crea una prima confusione, come se il nostro tartufo bianco d’Alba potesse essere coltivato negli orti come fossero patate Anche se pur vero che leggendo il vostro articolo ci si rende presto conto che si sta parlando di Tuber Borchii, ( volgarmente detto Bianchetto o Marzuolo) Pur non avendo nulla da eccepire verso quest’ultimo, fatta esclusione di un intervento divino, le sue caratteristiche organolettiche, quali; profumo e sapore NON potranno mai essere messe a paragone, è quindi fuori luogo.
Si evince inoltre, dalla copertina, che l’increscioso equivoco non è stato frutto di un errore di battitura in quanto avete impiegato per correlare lo stesso una foto che ritrae degli esemplari di Tuber Magnatum Pico.
Spero di fare altresì cosa gradita, facendovi notare che, nella colonna adiacente avete accostato il tartufo nero, più precisamente il Tuber Aestivum, a quello che in realtà è Tuber Melanosporum.
Per ultimo, ma non per importanza, porto alla vostra attenzione, il prezzo indicato dal relatore americano, pari a 3,770€ al kg, che senza timore di smentita, può essere quello di un tartufo bianco d’Alba, ma no, nella maniera più assoluta, della specie presa in esame dal reportage