Commerciante denuncia: «I tartufai non devono vendere ai privati!»

Commerciante denuncia: «I tartufai non devono vendere ai privati!»

Commerciante denuncia – Troppo sommerso nel commercio del tartufo abruzzese.

A denunciarlo ad un noto quotidiano online abruzzese è un commerciante aquilano, che chiede di rimanere anonimo, altrimenti spiega, “mi tagliano fuori dal mercato”.

Spiega, a grandi linee in cosa consiste il suo lavoro: acquista i tartufi dai cavatori e dai tartuficoltori  e li rivende a ristoranti, negozi, aziende di trasformazione e grossisti anche esteri.

Lui paga regolarmente le tasse, garantendo di conseguenza la tracciabilità e qualità del prodotto. Ma quello che proprio non gli va giù è che  tartufai disonesti commercino al suo pari senza sborsare un centesimo all’erario.

«Al fornitore di tartufo applico un’imposta del 18 per cento – spiega l’intermediario – Ovvero per un chilo di tartufo estivo da 100 euro io posso pagare 82 euro e i rimanenti 18 li devo versare all’erario ogni metà del mese con apposito modulo F24, come impone la legge».

Ma molti, troppi cavatori, vanno direttamente all’acquirente finale e la compravendita avviene rigorosamente in nero.

Eppure la legge sull’acquisto del tartufo prevede l’obbligo, per l’imprenditore-acquirente, di rilasciare fattura e l’obbligo, per il venditore, di consegnare una ricevuta contenete le sue generalità e quelle di chi compra.

«Ovviamente in questo modo il cavatore può vendere a prezzi migliori di quello che posso praticare io, non pagandoci un euro di tasse – continua sconsolato l’intermediario – e lo stesso discorso va fatto per l’acquirente, in particolare per i ristoranti, ai quali io devo far pagare anche l’iva. Ma questo andazzo crea un mercato drogato, dove persone che pagano le tasse come me, e dove chi vuole e deve fare le cose pulite, alla lunga viene tagliato fuori, fa fatica ad andare avanti».

A rimetterci non è solo i commercianti, ma tutti i cittadini, fa notare.

«Anche se c’è crisi economica, il mercato dei tartufi è ancora fiorente. Vengono scambiati quintali di prodotto ogni anno e facendomi due conti ritengo che l’evasione fiscale solo in Abruzzo su questo specifico settore di mercato sia nell’ordine delle decine di milioni di euro – assicura – Ma del resto i controlli sono scarsi, e non è oggettivamente facile beccare chi fa operazioni in nero con le mani nel sacco».

A essere violata anche la normativa antiriciclaggio, che prescrive l’obbligo della “tracciabilità” delle movimentazioni quando oltrepassano determinate soglie.

Fonte: AbruzzoWeb