Tartufi “velenosi”

Tartufi “velenosi”

In passato  si credeva che il tartufo contenesse veleni che portavano alla morte. Ma il rischio di avvelenamento non era collegato all’organismo tartufo in se, ma al luogo in cui cresceva, quindi la possibile vicinanza nel terreno di nidi di serpi,tane di animali velenosi, ferri arrugginiti e cadaveri.

Infatti il Guainero nel suo manuale “Pratica Medicinae” tratta tra gli altri argomenti gli avvelenamenti da funghi e da tartufi e dopo aver descritto in modo dettagliato le sofferenze riportate dall’intossicazione, consiglia di far cuocere i funghi e quindi anche i tartufi con delle pere che secondo questa teoria avrebbero assorbito i veleni.

In realtà la validità di questa pratica non è da attribuire all’azione delle pere ma al semplice fatto che i funghi contengono sostanze tossiche termolabili ad una temperatura pari a 60-70 gradi centigradi ed in questo modo la cottura permette di eliminarle completamente. Altre ricette ci vengono fornite da Dioscoride che nella sua opera “Sulla materia medica” suggeriva per l’avvelenamento da funghi l’aceto, pozioni salate e sterco di pollo. Il primo trattato unicamente dedicato al tartufo risale al MDLXIIII scritto da Alfonso Ciccarelli medico umbro.

Un unico episodio nella storia del tartufo collegata ad una morte probabilmente per congestione è riportata da un cronista del 1368. Si parla del duca di Clarence,figlio di Edoardo III Plantageneto giunto in visita ad Alba che dopo un abbondante banchetto comprendente tra le altre cose il suddetto tartufo“…Grande copia di trifole havendo manducato per modo di pane, volse con vini diversi donare refrigerio alle interiora, hautene un forte calore que lo addusse a trapasso”

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