Panico per un tartufo

Panico per un tartufo

Quella mattina non aveva proprio voglia, di tagliare il bosco. E pertanto, andò a slegare bufera e si avvio con lo zappetto in mano e con i cane che gli faceva grandi feste su per i pantaloni verso un incolto nelle vicinanze di Savena dove crescevano stentatamente pioppi selvatici e qualche quercia. ai tartufi preferiva la lepre, tanto più che in casa ” la patata dei signori” non garbava a nessuno: ma le piogge di fine luglio avevano favorito la crescita del prezioso tuber e quindi conveniva darsi da fare .

Aveva sentito dire che in città c’era gente che ne andava matta e che era disposta a pagare un occhio nella testa, s’era inoltre ricordato il debito con il geometra che gli aveva progettato il muro di sostegno del lanternino senza pretendere compenso: mi porterai–gli aveva detto– una pallina di trifola quando sarà stagione
il cagnetto vagava sui lati del sentiero e per il momento non dava segni di particolare agitazione sembrando anzi distratto; ma, arrivato a uno spiazzo ombroso rivestito di erbe smunte e appassite, drizzo subito le orecchie e incollo il muso a terra, dirigendosi sicuro ai piedi di un alberello striminzito : li si fermò, annusò un paio di volte e, da prima con una zampa poi con entrambe, si diede a raspare furiosamente, ficcando di tanto intanto il muso nella buca per sincerarsi di non aver sbagliato.

e non aveva sbagliato, infatti: lumaca, che seguiva in ginocchio tutt’uno con il cane,l’operazione di scavo,vide affiorare dalla terra un qualcosa che pur essendo scura come la terra, terra non era: si chinò ancora di più, mise il naso… e fu tramortito dal celeberrimo effluvio, era lui !!!
trepidamente allungò a bufera una manciata di briciole, per tenerlo occupato il tempo necessario per completare l’opera. rimosse delicatamente , la terra sulla parte visibile del tartufo e constato che essa diventava sempre più estesa: non si trattava dunque di una scheggia, di un frammento, di una pallina da pochi grammi.ciò che non si poteva prevedere, però. era l’effettiva consistenza del tesoro. mezzo etto, due etti,chissà: dipendeva dalla forma del tartufo, che poteva essere lungo e sottile e appena a galla. o rotondo e corposo e interrato in profondità.

questi sono i momenti in cui il tartufaio spasima di curiosità e di incertezza. e impaziente di portarlo alla luce e nello stesso tempo tituba un po’ per paura di una delusione e un po’ per prolungare la speranza. e se pesasse un chilo?
miracolo!!! era proprio un ” melone” da un chilo, forse più che lumaca sollevò intatto da sotto terra. adoperando lo zappetto con la sapienza, la leggerezza e la cautela di un chirurgo dopo aver rifornito il cane di altre briciole perchè non si affannasse intorno a lui e lo lasciasse lavorare in pace. compatta,liscia,matura al punto giusto,di un tanfo, o di un profumo a seconda dei gusti,perfino palpabile, la pepita d’oro pallido fu amorevolmente ripulita dall’ argilla, avvolta in un grande fazzoletto che l’uomo teneva annodato attorno al collo e in fine traslocata verso casa con religiosa cura, la stessa che lumaca usava quando portava in processione la statua del patrono.
arrivò sano e salvo,ma venne accolta con fredda noncuranza : ai ragazzi sarebbe stata certamente più gradita qualche mela da mettere sotto i denti da cuocere nella cenere del camino, la moglie borbotto un acido :chi vuoi che lo mangi, quella roba? avresti fatto meglio a tagliare un po’ di legna prima che nevichi lumaca trattenne l’impulso a reagire come meritavano, salì in camera a indossare il vestito di fustagno , prese il tartufo e l’ avviluppo in una giacca in disuso.
disse che andava in città, un ora a piedi verso la strada maestra. dove la corriera arrivò carica di gente diretta al mercato: fece cenno di fermarsi e salì con il prezioso fardello, badando bene di disporsi in un angolo che scongiurasse spinte e scossoni che potevano mettere in pericolo l’integrità del fagotto. lungo il tragitto le emanazioni del tartufo non suscitarono commenti tra i passeggeri, che quel odore ben lo conoscevano.
in città accadde però che era salito da poco su un tram , quando i visi pallidi cominciarono a agitarsi sui sedili. guardarsi a torno con reciproco sospetto, e torcere il collo in giro ad annusare l’aria. un uomo con lenti e la cravatta domandò a voce alta a tutti e a nessuno : cos’è questa puzza di gas? una signora strabuzzo gli occhi e fu vicina a perdere i sensi, una scese di corsa anzitempo quasi buttandosi , altre si tapparono il naso con le dita . qualcuno si mise ad urlare : aprite il finestrino!!! la situazione volgeva al drammatico, tutti cominciarono a pensare che un guasto al tram avesse liberato qualche sostanza pericolosa. forse venefica o addirittura esplosiva.

considerata l’emergenza, il bigliettaio si sentì in dovere di prendere il comando e intimò: chi ha il tartufo scenda immediatamente!!! -veniva dalla campagna e aveva individuato subito la causa dello scompiglio. inutile negare o far finta di niente : il reo si ingobbì e si accartocciò su se stesso per sgattaiolare tra le gambe degli scampati alla “nube tossica” che nel frattempo erano passati dal panico alle risate, e saltò giù come un ladro in fuga, per proseguire a piedi verso la casa del geometra.
il quale non c’era: allora lumaca, vincendo la timidezza che l’accompagnava fin da bambino andò ad offrire la merce a un ristorante, dove in cambio fù ricoperto di denaro:tanti, che una settimana più tardi, alla fiera di Scaracalasino, poté finalmente comprare il somaro di cui aveva bisogno per risparmiare a se stesso la fatica di portare sulle spalle il peso del grano da macinare.
il resto lo spese in una sottana per la moglie,che da quel giorno trattò i tartufi con dovuto rispetto.
racconto di: Corrado Piana

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