I musei del tartufo
I musei del tartufo
SAN GIOVANNI D’ASSO | Un viaggio nel tempo. Un gioco per i sensi o una singolare occasione d’apprendimento. E’ un po’ tutto questo, ma non solo, il primo Museo italiano del tartufo. Scenario dell’intervento i sotterranei del trecentesco Castello di San Giovanni d’Asso: 250 metri quadri suddivisi in quattro nuclei espositivi, per un viaggio che comincia con uno scandaglio della cultura europea. E’ infatti “il mistero del tartufo”, alimentato da stregoneria scienza ed erotismo, il primo tema affrontato nel percorso di visita: dalla leggenda che lo voleva originato da un fulmine alla definizione scientifica resa dal Mattioli, il visitatore coglie in un colpo d’occhio i momenti storici in cui il pregiato tubero ha fatto parlar di sé nella società occidentale. A seguire, la prima delle coinvolgenti esperienze sensoriali offerte dal Museo. “Il tartufo e i sensi” è infatti l’incipit per la parte del percorso che sottolinea l’universalità di sensazioni suscitata nell’uomo dal suo microcosmo. Il visitatore qui viene coinvolto in un continuo gioco, chiamato a riconoscere il tubero, con il tatto indagando in alcuni orci, con l’udito distinguendo i passi del cane da ‘cerca’ o il rumore del vanghetto, con il gusto attraverso piccoli assaggi. E poi con l’olfatto in mezzo ad altri odori: è il cosiddetto “odorama”, vera giostra degli odori senza precedenti nel suo genere. Resta poi da affrontare la vista, e allora è tempo di passare nel terzo ambiente del museo, per un vero “viaggio al centro del tartufo”: Ecco un gigantesco tuber, realizzato a dimensione d’uomo cosicché proprio lui, l’umano visitatore possa entrarvi dentro e assaporare in profondità con gli occhi ciò che abitualmente diletta il suo palato. Una voce narrante lo aiuta nell’osservazione mentre nei paraggi alcuni monitor proiettano icone sulle quali ciccare per avviare contributi multimediali dedicati all’habitat naturale, alla “cerca” ed ai suoi protagonisti, cani e tartufai. Le tecnologie informatiche arricchiscono anche l’ultima delle sezioni del museo. E’ qui che si affronta l’ampio curriculum culinario del tartufo, reso esemplare con la riproduzione verosimile di una mensa contadina e di un’altra altoborghese. Due tavole imbandite che preludono a nuovi monitor didattici, incentrati sulle tecniche di raccolta, conservazione e di impiego in cucina. A chiudere il percorso il centro documentazione, l’area più aperta al futuro ed ai suoi contributi di conoscenza sull’argomento attesi dall’Italia e dal mondo. Un motore di ricerca multimediale, capace di interrogare le conoscenze esposte nel museo, ne esemplifica una funzione destinata necessariamente ad arricchirsi col tempo. |
BONIZZA DI BORGOFRANCO | Il TRU.MU (Museo del Tartufo) si trova in località Bonizzo di Borgofranco sul Po, un piccolo centro abitato caratteristico della Bassa mantovana nel cuore della Valle del Tartufo Mantovano.E` una struttura moderna, sede dell`Associazione Strada del Tartufo Mantovano, inaugurata nell`ottobre 2007 con il culmine di tutte le attività della Provincia di Mantova legate al “Progetto Tartufo, infatti ospita il congresso annuale di aggiornamento dello stato scientifico e di studio del fungo.Il TRU.MU è caratterizzato da un percorso scientifico e formativo rivolto a diversi tipi di pubblico: -Museo Scientifico dedicato ai più piccoli che potranno vivere esperienze didattico-scientifiche specifiche per la loro formazione e adatte al loro linguaggio.-Museo Scientifico dedicato agli adulti con una linea di lettura specifica sugli aspetti botanici, biologici, culturali del tartufo e di ricerca e sviluppo della tartuficoltura. In un`ottica di doppia linea scientifica di lettura, la prima tappa entrando nel TRU.MU è la parete informativa sulla sinistra, i bambini possono scoprire tante curiosità sul tartufo seguendo il simpatico “Gino Corteccia”, che con una filastrocca in rima, fa conoscere “Tufo il tartufo” e i suoi fratelli. Il percorso di lettura è segnato dal color arancione. Gli adulti possono seguire il racconto scientifico sui pannelli più alti. |
MUSEO DI TATAUTEN | Il primo museo nazionale dedicato a questo prodotto particolarmente pregiato si trova nella valle di Allín, a 11 km. da Estella-Lizarra e a 55 km. da Pamplona. All’interno di un moderno edificio, questo museo consente al visitatore di conoscere il mondo del tartufo attraverso vari supporti. Pannelli di contenuti, proiezioni multimediali interattive ed audiovisive, vetrine espositive ed una zona di vendita di prodotti costituiscono questo insieme monografico sul tartufo. Contenuto del museo Il tartufo è un fungo sotterraneo che vive vicino alle radici di alcuni alberi quali lecci, roveri, castagni e noci. Dal colore scuro e dall’aroma caratteristico, è un prodotto particolarmente pregiato nell’alta cucina ed una risorsa naturale della sierra de Lóquiz. Per questo motivo il museo offre proiezioni con immagini di queste montagne calcaree i cui profili impressionanti sono stati modellati dall’erosione. Una delle star dell’esposizione è l’albero consacrato alla coltivazione di questo fungo. Su questo stesso argomento informa l’audiovisivo “alla ricerca del tartufo”. Un altro dei contenuti del centro è quello dedicato al ciclo biologico del tartufo. Maturano solo gli esemplari che sopravvivono ad elevate temperature e alla scarsità di precipitazioni. Anche se a volte si trovano tartufi giganti, in genere le dimensioni medie oscillano tra quelle di un chicco d’uva e quelle di una patata. |
MUSEO DI SCHEGGINO | Prima di entrare nel Museo del Tartufo ci si prepara all’impatto emotivo. Trattandosi degli Urbani, come noto, è buona regola aspettarsi qualcosa di fuori dal comune. Ma non basta. Non può bastare. Perché il Museo del Tartufo di Scheggino, voluto e realizzato dalla famiglia Urbani, racchiude in sé non soltanto le meraviglie e la magia dell’oro nero della Valnerina, ma anche e soprattutto la storia dei suoi custodi centenari, cinque generazioni di imprenditori che hanno fatto del tartufo uno stile di vita, un simbolo che identifica un territorio, un marchio del made in Italy più prezioso di qualsiasi gioiello. Eh sì, perché ogni immagine, ogni macchinario, ogni telegramma, ogni fattura scritta a mano trasudano storia, passione e voglia di non sentirsi mai arrivati. Dai primi lavatoi a mano, improvvisati nella casa di Carlo Urbani e di sua moglie Olga, fino alla lettera di ringraziamento del presidente Nixon, passando per la goliardica confraternita del tartufo fino ad arrivare al riconoscimento del Cavalierato del Lavoro a Paolo Urbani. Cento anni di storia, di evoluzione, di progressi nella lavorazione di un prodotto naturale partorito dalla terra, un prodotto al quale la famiglia Urbani deve la propria fortuna ma al quale ha anche consacrato la propria esistenza. Con amore. Il Museo del Tartufo è un vero e proprio inno all’amore per il preziosissimo tubero, sia che lo si goda fresco, congelato o conservato, oppure ancora lavorato nelle sue infinite combinazioni di salse, olii e fantasiose invenzioni. Un inno, questo Museo, nel quale neanche la più piccola nota è stata lasciata al caso. A cominciare dalle citazioni shakespeariane fino alla scelta delle teche, semplici e trasparenti, in un delicato contrasto con la materia scura della terra e del tartufo. La colonna sonora de “La mia Africa”, scritta da John Barry e adottata dagli Urbani come musica ufficiale del sito Internet, accompagna il visitatore lungo il viaggio attraverso la storia di un prodotto, di un’azienda e di una famiglia ma anche del territorio della bassa Valnerina, che scorre attraverso foto grafie, documenti, confezioni, ricordi. Un viaggio nel quale non si è mai soli: le sagome degli Urbani, realizzate da stupende foto d’epoca, sembrano strizzare l’occhio ai propri ospiti accompagnandoli lungo il cammino.Da vedere e rivedere. |
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