Celentano, Pavarotti e il Tartufo

Ci fu un viaggio della consegna del Tartufo dell’anno molto particolare. Era il 1990. e l’ ente fiera di Alba decise di dare il riconoscimento al grande tenore Luciano Pavarotti, il quale, impossibilitato ad andare in città a ritirare il premio a causa degli importanti impegni in programma, si disse disponibile a ricevere a casa sua per il conferimento. L’invito fu accolto immediatamente.

Partirono un mattino in direzione Modena; a capo della delegazione c’erano Enzo Demaria e Mimmo Bonardi, allora rispettivamente sindaco e presidente della Fiera del tartufo.

Dopo un breve tragitto decisero di fermarsi all’Autogrill per un caffè e, sorpresa, al banco incontrarono Adriano Celentano. Il sindaco si presentò e gli raccontò della loro destinazione e della consegna del tartufo a Pavarotti. Celentano sì raccomandò di

«salutare il Maestro e la bellissima città di Alba», dove ricordava di aver cantato nei primi anni Sessanta, agli inizi della sua carriera, di aver soggiornato all’hotel Savona e mangiato una magnifica fonduta al tartufo.

 

Ripresero il viaggio contenti. «A volte può succedere – disse il sindaco Demaria – che si va a Modena da Pavarotti e si incontra Celentano.

Se avessimo avuto un tartufo in più sarebbe stato il primo consegnato in Autogrill». E scoppiarono tutti a ridere. Arrivarono a Modena davanti alla grande villa nel primo pomeriggio. Dopo essersi presentati fu loro indicato la strada verso le scuderie dove avrebbero trovato il Maestro, avvertito del loro arrivo. Si incamminarono lungo il viale, lo trovarono intento a giocare a carte, uno degli svaghi che amava di più dopo l’equitazione: al suo tavolo c’erano i famosi «amici della briscola», ovvero la sua famiglia popolare. Un gruppo che lo accompagnava in tutte le sue tournée nel mondo, più di settanta. Si dice che giocassero a briscola anche tra un atto e l’altro dei suoi spettacoli, che dietro il sipario ci fosse un tavolino che era vietato rimuovere: il gioco con gli amici lo tranquillizzava e gli dava sicurezza.

Quando li vide entrare nel grande salone lasciò le carte sul tavolo, si alzò e ,allargando le braccia, li salutò con un caloroso «ciao Alba». Non si risparmiò in ospitalità: passarono mezz’ora con lui e i suoi amici, il tempo di consegnare il tartufo, due battute e qualche fotografia

Era un intenditore di gastronomia, amava la Langa e il tartufo. Spiegò come lo avrebbe mangiato e con quali piatti, poi si rivolse agli «amici della briscola» facendo intendere che lo avrebbe condiviso con loro.