Tartufo un prodotto poco trasportabile : Fiera D’Alba

Tartufo un prodotto poco trasportabile : Fiera D’Alba

Poco trasportabile – Il problema del tartufo è che è difficile farlo viaggiare. Primo ostacolo: il dazio, che in paesi come gli Stati Uniti è addirittura del 100 per cento.
Oltre al dazio, i problema fu sempre quello di far capire alla polizia doganale quella patata bitorzoluta il cui odore penetrante superava qualsiasi sigillo ed incartamento. La delegazione di Alba che si ricava all’estero col suo prezioso e olezzante olezzante omaggio, aveva sempre con se la documentazione della camera di commercio attestante che quelli erano tartufi, prodotti locali che non si intendevano vendere, ma regalare per promozione. In somma, cose raffinate che si mangiavano in Langa. Con cura e pazienza, ogni volta la delegazione collezionava anche i documenti dell’azienda sanitaria locale, che certificavano che il tartufo era un prodotto naturale del terreno, non era pericoloso, non portava malattie, non era velenoso. Ma gli sguardi stupiti e le smorfie di disgusto delle guardie di frontiera erano sempre all’ordine del giorno.

Ogni controllo, ogni scalo aeroportuale, la stessa cosa. Ore di attesa, telefonate preoccupate ed il tartufo che passava di mano in mano con somma preoccupazione degli Albesi. Non si trattava di un piccolo rischio: i tartufi valevano dai dieci ai quindicimila euro di valore spesso il doppio, ma poco ci mancava che i poliziotti lo buttassero nel primo cestino disgustati dall’odore che veniva fuori dal barattolo. I rischi erano due (e le opzioni si verificarono entrambe).

Se la polizia non riusciva ad identificare l’oggetto, lo tratteneva in quarantena e dopo tanti giorni un tartufo lasciato all’aria aperta… immaginate cosa diventa. Se invece i solerti frontalieri riconoscevano il prezioso tuber, trovavano sempre qualche scusa buona per trattenerlo…Scottati da quarantene criminali, in fine, “i portatori sani di tartufo” decisero di trasportarlo nel bagaglio a mano. Cominciarono a prepararsi alle missioni promozionali all’estero vestendosi da ragazzi in gita, con i tartufi nello zaino, tra gli albiti, affinché fossero protetti. Comodissimo nascondiglio: le calze appaiate ripiegate oppure le canottiere avvolte a fagottino in pratica, i preziosi omaggi che qualche ora dopo sarebbero stati sul tavolo del governatore di New York o del principe di Monaco, viaggiavano nella biancheria personale del sindaco, del presidente della fiera, e degli accompagnatori.

A volte, data la spocchia di certi personaggi, era una reale soddisfazione vedere che gustavano i tartufi giunti a loro in così prosaici involucri. Anche questo genere di trasporto aveva i suoi rischi. E’ vero che non faceva attivare il metal detector, ma i sensori nasali dei vicini di aeroplano si attivavano eccome. Un autunno, durante un viaggio in aero a Roma il presidente della fiera trasportò nel bagaglio a mano un tartufo in un barattolo di vetro chiuso con tutte le sue forze perchè fosse a tenuta stagna. A sua volta era racchiuso da un contenitore di polistirolo sigillato con molti giri di nastro adesivo da pacchi. Sistemato il bagaglio nella cappelliera, si lasciò andare ad un breve riposo… ma d’improvviso fu svegliato da un forte allarme sonoro. Il viaggiatore che sedeva proprio sotto la cappelliera, sentendo un pericolo odore di gas, aveva allertato il personale dell’aereo che controllava freneticamente da dove venisse la perdita. Confessione resa tra le risa dei viaggiatori.

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