L’evoluzione della tartuficoltura

Dalla nascita all’evoluzione della tartuficoltura

Nel 1810 Joseph Talon di Saint Saturnin les Apt seminò alcune ghiande di querce che sapeva essere tartufigene ed attese i risultati di tale piantamento: le sue aspettative non andarono deluse, e Talon si conquistò la fama di primo coltivatore di tartufi della storia.

Nel 1847 Auguste Rousseau di Carpentras ne seguì l’esempio e si dedicò alla coltivazione dei tartufi con notevole successo (Medaglia d’oro di Prima Classe all’Esposizione Internazionale del 1855): egli è riconosciuto come colui che nei fatti ha incoraggiato e reso possibile la diffusione della coltivazione dei tartufi in Francia (Mattirolo, 1910). Quando poi alla fine del XIX secolo Chatin fece la sua importante scoperta sulla simbiosi e sulle micorrize, nacquero le prime vere sperimentazioni riguardanti la coltivazione del tartufo. In realtà, come ben diceva Rebière nel 1981 (Olivier, 1996):

“…i termini tartuficoltura e coltivazione dei tartufi sono impropriamente utilizzati, perché in realtà non si coltivano i funghi, ma la sua pianta ospite – la cosiddetta pianta tartufigena – con la speranza che davvero diventi tale”.

Partendo dal presupposto che le operazioni colturali previste in una tartufaia sono a grandi linee riconosciute in: scelta e lavorazione del terreno, scelta delle piante simbionti, semina e piantamento delle piante tartufigene, potature, eventuali coltivazioni consociate, concimazione, irrigazione e raccolta, si proverà ora a ricostruire – ove possibile – chi siano stati gli iniziatori di tali pratiche e quali fossero le modalità operative da loro individuate.

Per quanto riguarda il terreno, si è già detto che fu la scoperta di Chatin sulle micorrize a dare l’avvio agli studi sulla coltivazione; si ricorda inoltre lo studio di Gibelli sulle esigenze edafiche dei tartufi come un fondamentale passo nella comprensione delle necessità di nutrizione dei Tuber. A partire da queste scoperte Bosredon formalizzò nel suo “Almanach du trufficulteur” del 1902, con la frase:

“Pas de calcaire, pas de truffes: calcaire humide, truffes musquées [Tuber brumale var. moschatum Vitt]. Telle est la loi de la nature”

(Niente calcare, niente tartufi: calcare umido, tartufo moscato. Questa è la legge della natura ) la regola di scelta – derivata dall’osservazione empirica – di un terreno calcareo per poter iniziare una coltivazione (Olivier, 1996).

Quanto alla lavorazione del terreno non è stato possibile reperire informazioni precise, ma è noto che all’inizio del ‘900 fosse pratica abituale in Francia una lavorazione di profondità pari a 25-30 cm, fatta con l’aratro (Mattirolo, 1910). Per quanto concerne la scelta delle piante simbionti, in realtà non si sono inizialmente fatti studi approfonditi, ma si è cominciato semplicemente imitando la natura e gli accoppiamenti simbiotici che essa offriva.
L’evoluzione della tartuficoltura prosegue in  Francia nella seconda metà del XIX secolo – periodo di grande produzione di tartufi – è caratterizzata da alcuni eventi politici ed economici di notevole interesse in relazione alle piante tartufigene, la legge del 1827.

Fonte: Regione Piemonte