Ecologia del Tuber Magnatum Pico

Ecologia del Tuber Magnatum Pico

Ecologia del Tuber Magnatum Pico – Le esigenze ecologiche del tartufo bianco pregiato, che si sviluppa solo in Italia ed in una piccola zona iugoslava, l’Istria, sono state studiate nelle due aree tipicamente produttrici e sufficentemente estese: la zona piemontese (Montacchini e Caramiello, 1968) e la zona appenninica del Centro Italia (Tocci, 1985). Queste ricerche, alle quali si rimanda per maggiori approfondimenti, hanno permesso di evidenziare i parametri che caratterizzano l’ambiente del Tuber magnatum e di definire i caratteri delle aree ecologicamente adatte per una sua coltivazione. Il terreno delle tartufaie naturali di Tuber magnatum, in Piemonte come nell’Italia centrale, deriva da un substrato litologico abbastanza omogeneo

Risulta costituito da arenarie (substrato con notevole quantità di sabbia rinsaldata da sostanza cementante), marne (substrato in cui calcare ed argilla sono nella stessa quantità), calcari marnosi (in cui la percentuale del carbonato di calcio prevale sull’argilla), marne argillose (in cui l’argilla predomina sul carbonato di calcio) facilmente erodibili, dell’era Terziaria, soprattutto del Miocene e del Pliocene, ed a volte dell’era Quaternaria, Pleistocene ed Olocene. I terreni colluviali ed eluviali che si sono originati da queste formazioni rocciose sono talora poco evoluti o ringiovaniti dalle erosioni; la presenza di zone con roccia madre affiorante, di calanchi e di un rilievo notevolmente accidentato con dossi e vallecole in rapida successione, è una costante del paesaggio a Tuber magnatum. Questi suoli sono in genere poco profondi, del tipo rendzina; altre volte più profondi e più evoluti, del tipo delle terre bruno-calcaree. Il Tuber magnatum è in grado di svilupparsi in una ristretta gamma di condizioni chimico-fisiche del suolo, prediligendo determinati pedoambienti (Elisei e Zazzi, 1985). Dal punto di vista granulometrico questi terreni tartufigeni sono per lo più a tessitura franca, cioè con le tre frazioni granulometriche (sabbia-limo-argilla) ben distibuite.

Tuttavia mentre nei terreni tartufigeni piemontesi la tessitura prevalente è franca e franco-limosa, con una reazione neutra (pH 7), nel Centro Italia la maggioranza dei terreni presenta una tessitura franco-sabbiosa e franco-sabbiosa argillosa con reazione sub-alcalina (pH 8). I dati sul calcare totale (CaCO3) presentano variazioni abbastanza rilevanti a seconda delle località (dall’1% al 67%), dovute alle diverse condizioni ambientali ed al tipo di suolo (calcari arenacei, marne, calcare marnosi, arenarie, etc.); nel primo caso, 1%, si tratta di zone esposte a forte dilavamento e con scarsa copertura vegetale mentre nel secondo caso, 67%, la situazione è opposta. In genere il contenuto medio del calcare totale nei terreni a Tuber magnatum oscilla intorno al 20%-25% denunciando quindi una buona dotazione di tale elemento (Montacchini e Caramiello, 1968; Elisei e Zazzi, 1985).La sostanza organica anche in modeste quantità riesce, in questi terreni di prevalenza sabbiosi, drenati e soffici, scarsamente provvisti di colloidi minerali, ad assicurare la coesione fra le particelle primarie grossolane e a dare unità strutturali stabili mantenendo buona la porosità del suolo e costituendo una riserva di elementi fertilizzanti assimilabili. Il contenuto di humus ha un valore medio oscillante intorno al 3% che rappresenta una dotazione non trascurabile.

Il rapporto C/N assume valori medi globali intorno a 10. Il valore dell’azoto totale, fortemente presente nella composizione chimica del tartufo, si aggira sullo 0,2% di sostanza secca. Dai risultati di Montacchini e Caramiello (1968) per le zone piemontesi emerge che l’azoto nitrico è carente, sia perché questi terreni sono molto permeabili negli strati superficiali e l’azoto nitrico è estremamente dilavabile; sia perché non vi è la possibilità di un buon rendimento di microorganismi fissatori di azoto per la scarsità di una copertura di leguminose. I valori del fosforo totale come di quello assimilabile, espresso in parti per milione (ppm) risultano estremamente bassi, e rispettivamente di 64 ppm e 45-55 ppm; del resto si tratta di terreni derivati da rocce madri povere di fosfati. In relazione alla composizione del complesso di scambio si può dire che i rapporti calcio, magnesio e potassio sono abbastanza costanti in questi tipi di suolo ove il calcio rappresenta il 70-80% delle basi rilevate. E’ da tener presente che il calcio appare come costituente essenziale per lo sviluppo del micelio fungino (Fasolo Bonfante e Fontana, 1973).

Il micelio fungino nel caso del tartufo bianco non dà segni apprezzabili della sua presenza; infatti le tartufaie naturali di Tuber magnatum appaiono ricche di arbusti ed uniformemente inerbite, come dimostra la fitta copertura erbacea di brachipodio, e sono prive di quelle “aree bruciate” tipiche di altri tartufi come Tuber melanosporum e Tuber aestivum. Un ulteriore approfondimento delle ricerche ecologiche sui terreni delle tartufaie di Tuber magnatum ha evidenziato la presenza di altri funghi micorrizici con le medesime esigenze ecologiche del tartufo bianco, di cui, alcuni, possono essere agguerriti concorrenti (Giovannetti, 1983), altri indicatori di condizioni favorevoli o sfavorevoli alla persistenza della micorrizia di Tuber magnatum (Gregori et al., 1988). Il Tuber magnatum è un tartufo che presenta, in Italia, un areale di diffusione piuttosto ampio che dal Piemonte raggiunge il Molise seguendo la dorsale appenninica. Il suo limite nord è segnato da un clima che tende a divenire sempre più continentale; il suo limite sud da un clima che tende a divenire sempre più mediterraneo. Precisamente, secondo la classificazione ecologica di Giacobbe, il Tuber magnatum rientrerebbe in parte nella biocora sub-continentale con l’orizzonte del Quercetum Padanum(Piemonte), in parte nella biocora sub-mediterranea con l’orizzonte del Quercetum Aemilianum pedemontanum (Liguria, Emilia, Toscana, Marche), spingendosi fino alle zone con mediterraneità più accentuata (Umbria, Abruzzo, Molise).

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