Dalla Toscana alla Sicilia tra passione e tutela per il tartufo

Toscana e Sicilia tra passione e tutela per il tartufo

L’Unione dei Comuni del Casentino e il CREA Selvicoltura di Arezzo hanno organizzato per il prossimo 29 giugno un sopralluogo per illustrare lo stato di avanzamento degli interventi delle tre aree del Casentino sottoposte ad intervento per la tutela del patrimonio tartufigeno.

Nei mesi scorsi è stato approvato da parte dell’Unione dei Comuni Montani del Casentino un progetto che, coinvolgendo gli Enti Gestori del Patrimonio Agricolo e Forestale Regionale, prevede la realizzazione, su aree di limitata estensione del territorio, di interventi volti a conservare, migliorare e porre sotto tutela alcuni habitat di crescita delle più comuni specie di tartufo presenti nella provincia di Arezzo. L’Unione dei Comuni del Casentino e il CREA Selvicoltura di Arezzo hanno organizzato per il prossimo 29 giugno un sopralluogo per illustrare lo stato di avanzamento degli interventi delle tre aree del Casentino sottoposte ad intervento.

Castelbuono (Sicilia)

Emblematica è la storia di Francesco Albergamo, riportata dal Giornale di Sicilia. Il ragazzo, che da Cascino si è trasferito a Castelbuono, ha ‘incontrato’ casualmente i tartufi sulla propria strada.

“Quando ho trovato il mio primo scorzone – racconta – non sapevo nulla di tartufi. Stavo facendo una buca nel giardino di casa della mia fidanzata a Castelbuono e l’ ho scoperto per caso. Sotto lo strato superficiale di foglie, ne abbiamo raccolti tre chili e mezzo e non sapevamo che farci perché qui non li conosceva nessuno. Allora ci siamo rivolti a Peppino Carollo, ristoratore della zona che da tempo li utilizza nella sua cucina e lui ci ha spiegato cosa fossero e cosa farne”.

Francesco, da appassionato di pesca e funghi, ha iniziato a studiare i tartufi e a cavarli insieme al cane Magda, appositamente addestrato, e si è attrezzato di tesserino di idoneità per la raccolta.

A condividere la stessa passione di Francesco è Marilena Castiglia, biologa che al tartufo ha dedicato la sua tesi di laurea e che oggi, anche lei con cane al seguito come la legge impone, va a cavare tartufi almeno tre volte a settimana.

“Al momento è un hobby che condivido con mio marito – dice ancora al Giornale di Sicilia – ma mi piacerebbe che diventasse un lavoro. Ciò che è importante, però, è tutelare il nostro prodotto. La notizia che sulle Madonie ci siano buoni tartufi ormai si sta diffondendo e ci sono persone senza scrupoli che spacciano per madonita ciò che non lo è”.

I cavatori di tartufi di Castelbuono devono però confrontarsi con un altro problema, ovvero la presenza di maiali selvatici e cinghiali che devastano intere tartufaie come in tutta Italia.
I cavatori chiedono quindi maggiori tutele da parte della Regione, ed interventi che possano regolamentare l’attività di chi ha saputo trasformare una passione in un lavoro vero e proprio.

Fonti: Palermo.BlogSicilia  –  ArezzoNotizie