NO alla ricerca notturna ma i trifulau piemontesi non ci stanno
NO alla ricerca notturna ma i trifulau piemontesi non ci stanno
NO alla ricerca notturna – Un piano di settore unico, valido sul territorio nazionale, con l’obiettivo di regolamentare ogni aspetto relativo alla cerca e alla commercializzazione del tartufo. Per ora è un solo un progetto, in fase di elaborazione da parte Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
La bozza iniziale, dopo essere stata presentata alle associazioni di categoria e alle Regioni, ha sollevato dubbi e perplessità. A tal proposito, venerdì 3 marzo si svolgerà a Bologna un incontro, per affrontare la questione e per valutare le osservazioni presentate dagli enti coinvolti.
“Sono diversi i punti sui quali abbiamo espresso il nostro totale disaccordo – spiega Agostino Aprile, presidente dell’Unione delle associazioni trifolao piemontese –. Per questo, dopo aver preso visione della prima proposta, abbiamo avanzato le nostre richieste. La riunione di venerdì sarà importante per saperne l’esito, nella speranza di trovare una risposta alle nostre perplessità”.
Tra gli aspetti sui quali le associazioni piemontesi sono intervenute, due sono quelli più contrastanti. In primo luogo, la questione della cerca del tartufo di notte, come spiega Aprile: “Solo in Piemonte continua a svolgersi di notte, senza destare particolari problemi. Impedire la cerca notturna, oltre a cancellare una tradizione ancestrale, creerebbe problemi sul piano organizzativo, basti pensare a tutti quei trifolao che durante il giorno lavorano e che si troverebbero in grande difficoltà”.
E continua: “Nella nostra osservazione, abbiamo proposto di ammettere la cerca ventiquattro ore su ventiquattro, lasciando alle regioni la possibilità di regolamentarsi in base agli usi locali”. Il secondo punto a destare forti timori, stando alla prima bozza del piano, è la denominazione: da “Tartufo bianco d’Alba” a “Tartufo bianco pregiato”, per non creare favoritismi sul mercato. “Sarebbe senza dubbio un danno a livello economico – commenta Aprile – ma anche una forte discriminazione nei nostri confronti. Stiamo parlando di una denominazione conosciuta in tutto il mondo, diventata sinonimo di qualità”.
La proposta dell’Unione è chiara: “In Piemonte la situazione deve rimanere immutata, come abbiamo espresso nella nostra osservazione. Per quanto riguarda le altre regioni, se ritengono di subire un danno per la dicitura “d’Alba”, potranno cambiare la loro denominazione”, conclude.
Fonte: GazzettaDAlba