Ecologia del Tuber Magnatum Pico

Lo sviluppo del tartufo bianco è strettamente legato alle condizioni termopluviometriche. In particolare si è osservato che nelle zone di produzione naturale si ha una buona distribuzione delle piogge durante tutto l’anno. Dalla rappresentazione grafica dei regimi termici e pluviometrici, attraverso diagrammi climatici di Bagnouls e Gaussen, si ha la conferma che il clima delle varie zone produttive non presenta mai caratteristiche di aridità estiva infatti la curva delle precipitazioni non scende mai sotto quella delle temperature e la pioggia estiva in genere corrisponde ad un quarto di quella annua (Tocci, 1985). Confrontando la produzione dei corpi fruttiferi, sulla base di un quantitativo medio pro capite in un periodo compreso fra il 1970 ed il 1990, e l’andamento delle componenti fondamentali del clima della zona considerata, risulta che esiste una correlazione molto significativa fra la pioggia estiva (mese di luglio e giugno) e la produzione dei tartufi. Ad esempio, mentre nel 1986, anno a clima sub-continentale senza aridità estiva, si è verificata una produzione più che abbondante, nel 1985, anno caratterizzato da un clima spiccatamente mediterraneo con aridità estiva, la produzione è stata molto scarsa, ad ulteriore conferma che il tartufo bianco è un elemento mesoigrofilo (Tocci, 1985).

Le prime indicazioni che emergono dalle indagini nelle tartufaie naturali sui fattori come vento, umidità dell’aria e temperatura del suolo, che caratterizzano il microclima su scala topografica favorevole alla vita del micelio di questo fungo ipogeo sono le seguenti: l’umidità relativa ha valori medi costanti durante tutto l’arco dell’anno ed oscillanti intorno il 60-70%; la quantità di calore al suolo, che può essere interessante conoscere anche in relazione al periodo di maturazione dei carpofori, ha un andamento stagionale che poco si discosta da quello della temperatura dell’aria, tranne che nel periodo vegetativo e ad una profondità di 30 cm in cui è relativamente inferiore. Per quanto riguarda i venti, anche se è prematuro dare dei giudizi sulla loro influenza, si registrano le maggiori frequenze per i venti settentrionali durante il periodo invernale-primaverile e per i venti meridionali in quello estivo-invernale (Tocci, 1985). Il Tuber magnatum vegeta e fruttifica in una varietà di ambienti dal livello del mare fino a 1000 m di altitudine, nelle esposizioni più diverse pur in condizioni di identica altimetria ed in ogni tipo di pendenze. Tuttavia le tartufaie si localizzano di preferenza nei fondo valle freschi e lungo i fossati in una fascia altimetrica ottimale da 100 a 600 m. Anche dal punto di vista della vegetazione le stazioni in cui si trova il Tuber magnatum sono molto varie, comprese fra la sottozona fredda del Lauretum e la sottozona calda del Fagetum anche se la zona a maggior produzione resta quella del Castanetum di Pavari. In Piemonte (Montacchini e Caramiello, 1968) le zone produttrici di questo tartufo sono per la massima parte caratterizzate da boschi artificiali di pioppo, da filari di pioppo e salice lungo le sponde di corsi d’acqua, da filari di tigli posti lungo le strade (caratteristiche proprie anche delle tartufaie naturali del Veneto) e solo raramente da boschi misti subspontanei. Nel Centro Italia invece il Tuber magnatum trova il suo optimun proprio nei boschi naturali misti di latifoglie caduche (Tocci, 1985). In questi ambienti le tartufaie naturali si trovano all’interno o al margine del bosco ceduo misto, come anche al margine di strisce di vegetazione profonde qualche decina di metri, residuo di bosco preesistente alla trasformazione in terreno agrario.

Spesso le tartufaie sono presenti in corrispondenza di piante secolari nel mezzo di coltivi o della vegetazione delle zone umide, delle vallecole e dei fossati. Nelle sue zone di diffusione il Tuber magnatum si lega in simbiosi con diverse specie forestali a seconda dell’ambiente e della conformazione orografica; esso infatti si associa in prevalenza con roverella (Quercus pubescens), cerro (Quercus cerris) e carpino nero (Ostrya carpinifolia) nelle zone collinari; con farnia (Quercus peduncolata), tigli (Tilia cordata, Tilia platiphyllos, Tilia x vulgaris) e nocciolo (Corylus avellana) nei terreni profondi di pianura; coi pioppi (Populus alba, Populus nigra, Populus tremula) e coi salici (Salix alba, Salix caprea, Salix viminalis) nei fondovalle e lungo i fossati.

Una caratteristica che accomuna le stazioni di produzione del tartufo bianco è la presenza quasi costante di una serie di arbusti: sanguinella (Cornus sanguinea), nocciolo (Corylus avellana), rosa selvatica (Rosa canina), vitalba (Clematis vitalba), ginepro comune (Juniperus communis), prugnolo (Prunus spinosa), rovo (Rubus fruticosus), ginestra (Spartium junceum), biancospino (Crataegus monogyna) e sambuco (Sambucus nigra); e di varie erbe: falasco (Brachypodium sylvaticum), lampone selvatico (Rubus caesius), tarassaco (Taraxacum officinale), parietaria (Parietaria officinalis), farfaraccio (Tussilago farfara), primula (Primula acaulis), viola (Viola odorata), euforbia (Euphorbia dulcis), ortica (Urtica dioica) e ranuncolo (Ranunculus ficaria).

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