Alessandro Pistonesi Il Tartufaio Artigiano – Intervista
Alessandro Pistonesi Il Tartufaio Artigiano – Intervista
Alessandro Pistonesi tartufaio artigiano dalla provincia di Rieti, un uomo che, secondo noi incarna i valori che dovrebbe avere ogni tartufaio.
Ciao Alessandro, da quanto tempo coltivi la passione per la natura e la ricerca del tartufo?
Nasce tutto grazie a mio padre Salvatore che mi portava fin da piccolo per boschi, insegnandomi a riconoscere ed amare piante, animali e funghi. Per me, bambino di borgata cittadina, era come vivere una favola, ad ogni passo vedevo un documentario, imparai presto così facendo a vedere “oltre il guardare”. Il ragno e la sua tela, farfalle variopinte, animaletti che sgusciavano fuori dalla tana quando nel momento della colazione nel bosco giocavamo all’invisibilità, rimanendo immobili per vedere poi la vita che si rianimava, accettando il nostro essere lì. La fionda da monello rimaneva in casa, nessuna voglia di infrangere quel dono che mi era stato dato, l’amore per la Natura. L’ alba nel bosco poi, era ed è una delle più belle sensazioni provate, nessuna fatica ad alzarmi dal letto, anzi non dormivo affatto quando sapevo che l’indomani si andava per boschi. Vivevo alla periferia di Roma allora, talmente ero stato contagiato dal “Verde” che in età matura la città diventò stretta per i miei orizzonti e così decidemmo, io e mia moglie, di trasferirci in campagna. Il Tartufo entra nella mia vita 6 anni or sono ad una cena tra amici, uno degli invitati si presentò con dei scorzoni (tuber aestivum) dicendo che li aveva trovati il suo cane nel bosco adiacente ad un terreno lavorato ad ulivi. Immediatamente scattò la molla, un segreto del bosco era arrivato a me, i tartufi non erano un’esclusiva del Piemonte o dell’Umbria ma anche qui, chissà quanti ne avevo calpestati in tutti questi miei girovagare per boschi. Non ci dormii, ero preso, ormai quasi da subito infettato da “ micosi ipogea” Cominciai a leggere tutto quello che trovavo, cercai più fonti possibili da internet a racconti contadini. Con i cani me la cavavo già bene, erano sempre stati in casa, altra passione di mio padre e di riflesso mia. Ormai “malato cronico” presi una cucciola, e cominciò l’avventura…
Qual’è l’aspetto più poetico della ricerca a tuo parere?
Il Bosco, la sua magia di suoni colori e profumi. La simbiosi che si instaura tra cane e il suo conduttore. L’affidarsi a tutto questo senza aspettative, anche un’uscita a vuoto diventa una bella avventura se la pensi così. Quando si trova qualcosa invece è gioia pura, il profumo che ti assale e poi ti segue nella sacca, che aiuta come un doping a sopportare il peso dei chilometri fatti. Questa è per me la Poesia del cercatore di Tartufi.
Il tartufo più grande della tua vita quanto pesava? E come lo hai trovato?
Ti racconto invece del tartufo più piccolo, che è un traguardo maggiore per il naso del cane a mio giudizio, un tuber melanosporum, il cane veniva trottando verso di me quando le arrivò l’odore e partì al galoppo … venti metri di distanza come attaccato ad un filo, arrivammo insieme sul posto e cominciò a scavare, credevo di trovare un’enormità di tartufo tanto era stata la veemenza nel correre lì, a trenta centimetri di profondità ancora non vedevo nulla, fin quando non vidi Dora scavare ancora un poco e fare la sgrullata classica del cane che ha in bocca il tartufo… quando sulla mano cadde sto tarufino più piccolo di una lenticchia, rimasi impressionato. La premiai come se avesse trovato un tartufo da due chili tanto era stata brava. Quel tartufo supera alla lunga tutti i bei pezzi di pregiati trovati in questi anni.
Ci racconti qualcosa sul tuo fedele gregario?
Dora, meticcio, Golden retriever e Lagotto romagnolo. Cane scartato perché errore dell’allevatore a cui sfuggì il maschio lagotto preso dall’amore di una splendida Golden. Andai a prenderlo a Riccione, me lo porse una bambina con le lacrime agli occhi, la bimba sentiva che era un cane speciale. Mi cimentai nell’addestramento con caparbietà e pazienza, usando tartufo fresco acquistato, facendo tesoro di consigli degli esperti che mi spronavano ad uscire sempre più per boschi a “giocare” , andare più possibile in
tartufaia per far familiarizzare il cane agli innumerevoli stimoli di cui è piena la natura. Non tradendo mai la mia filosofia, usai solo e soltanto il metodo gentile. Come paragone ho sempre avuto il cane per i non vedenti, un cane a cui è stato insegnato ad imparare, un cane che dall’asilo è passato alla laurea grazie al tempo, la pazienza e l’insegnamento: E così, con la certezza che il cane non ha limiti nell’apprendere, finalmente riuscimmo nell’intento. Dora, fece il suo primo tartufo Tuber aestivum, al compimento del suo primo anno di età, anche se era pronta da molto prima, lo capii solo dopo in quanto ero io che andavo sbloccato e non lei. Il lavoro di quell’anno comunque non fu vano, passeggiate vicino a recinti di cinghiali in cattività, la vicinanza di gatti, delle galline che le razzolavano vicino mentre si faceva scuola, hanno fatto si che è diventata adulta con interesse nullo per il selvatico, solo io lei , il bosco e il “gioco del cerchiamo il tartufo”. Nel tempo, mi ha aiutato nell’avviare nuovi cuccioli come cane guida, ed il branco è cresciuto di numero. Arrivò la laurea anche per noi, avendo trovato tutte e nove le specie di tartufo commestibili più molte specie di “caciole” ( Tartufi non commestibili ma ugualmente belli ed interessanti da scovare). Ora a fianco a Dora ed altri 4 cani, mi sento anche io un tartufaio vero.
Qual’è l’aspetto che più ti delude del mondo del tartufo ?
L’avidità, la mancanza di rispetto nei confronti dei cani, del prossimo e della Natura. Vedo trattare cani come oggetti. Cani scheletrici perché mangiano solo il premio, e solo se cavano, Cani puniti da collari elettrici,
Cani che escono dai box pochissimo, neanche per giocare un po’, usati soltanto per andare a combattere come gladiatori nell’arena, caveranno forse più del normale, ma a me così non piace. Non sei buono? Ti vendo o ti regalo. (È il Cane che dovrebbe ragionare così!!!!) … La maggior parte dei fallimenti visti in questi pseudo-tartufai è il pensare che il cane non va allora, va cambiato, presi da uno scoraggiamento che li assale, ma mai facendo autocritica, “Cercatori” che vanno con avidità senza imparare dal bosco, non conoscendo neanche una minima parte delle piante che li circondano, pensano che il bosco sia li solo per i tartufi perché sanno che li sono stati trovati. E soprattutto, coloro che mettono bocconi avvelenati alle spese dei cani “concorrenti” Ho perso Luna in questo modo, lagotto romagnolo di 2 anni morta perché qualcuno ha avuto la vigliaccheria di seminare senza alcun scrupolo orrore nel bosco. L’Avidità è l’ignoranza umana è l’aspetto più brutto come nella vita, anche nel mondo del Tartufo.
Ho visto sul web che intagli e pirografi il legno, hai ereditato la dote di artista o hai avuto un maestro? Che consiglio puoi dare a chi come te vorrebbe personalizzare il manico del proprio vanghetto?
Tutto si impara se si ha passione, e con un maestro che ti dà la spinta iniziale tutto è più facile. Stavolta è colpa di Nonno Mario Avevo 10 anni circa, lo seguivo spesso nelle sue faccende, il nostro eden era il suo orto. Un giorno da un pezzo di corteccia di pino magicamente per i miei occhi fece una barchetta, Mi vide talmente incantato che mi regalò il suo taglientissimo coltellino da innesti con la severa raccomandazione in dialetto Romanaccio:
«Non te tajà e non farlo vedere ai tuoi che te lo levano.»
Pensai che fosse semplice imparare, bastava togliere “l’eccesso” dal pezzo che si vede nella fantasia, era semplice bastava aver fantasia, e a me non mancava. Capii così che esisteva l’Arte. Ho provato diversi materiali, conseguito scuole, dall’oreficeria alla ceramica, lavorazioni in cuoio, Materiali bellissimi da lavorare ma che non si reperivano facilmente in natura, al contrario del Legno. Un’infinità di essenze boschive, tra cui molti i legni pregiati, a costo zero e senza il disastro ecologico, semplici potature che diventavano poi in laboratorio, le mie creazioni. Bastava saperli cercare, e la mia voglia di sapere e l’esperienza accumulata mi hanno aiutato sempre più in questa ricerca e tecnica. Non ho consigli su come personalizzare il proprio vanghetto, i gusti variano, quel che faccio io è trasferire scene ed esperienze del bosco sul legno tramite incisioni o pirografia.
In fine l’eterna domanda: quali caratteristiche deve avere un buon tartufaio per definirsi tale?
Il vero Tartufaio per me è colui che non invade, che non preda, pur facendo bellissimi raccolti. È quello che ha consumato molte paia di scarponi, quello che si guarda intorno leggendo la vegetazione, il clima, capendo dove è il momento giusto, per fare buoni raccolti. ma soprattutto, il Vero Tartufaio è quello che addestra il suo cane da se e lo porterà con lui fino alla fine. un giorno chissà, spero di diventare anche io un Vero Tartufaio.