I Trifolao piemontesi danno battaglia alla nuova legge fiscale

I Trifolao piemontesi danno battaglia alla nuova legge fiscale

Da domani, nei boschi piemontesi scattano le tre settimane di divieto assoluto di raccolta prima di dare il via libera a cani e zappini. La nuova stagione del Magnatum Pico che come di consueto inizierà il 21 settembre e proseguirà fino al 31 gennaio 2017. Ma diversamente dagli anni scorsi l’attenzione di trifolao, commercianti e ristoratori è tutta incentrata su parole come Iva, fatture, ritenute d’imposta e su una proposta di legge che sta tentando di rivedere la natura fiscale del tartufo, di stabilire alcune regole e promuovere la tracciabilità del prodotto.

I primi passi mossi dal Governo con il Ddl Politiche europee, sarebbero secondo molti delle toppe peggiori dei buchi, perché non risolve il problema ma sono di fatto impraticabili.

Paolo Montanaro, presidente dell’associazione TartufOK lo spiega con un esempio:

«La nuova norma prevede che io tratti con il trifolao un prezzo di mille euro per una determinata quantità di tartufi, ma che applichi una ritenuta alla fonte del 23% pagandogli quindi 770 euro (NB Il calcolo è errato al tartufaio vengono dati 820,60€ e 179.40€ versati allo stato) e versando il resto allo Stato. Eticamente sarà anche corretto, ma è pura fantascienza. Non esiste in Italia una sola ricevuta fatta da un cavatore, nemmeno esposta al museo. Perché con i tartufi il problema è trovarli, non venderli, e ci sarà sempre qualcuno disposto a comprarli in nero, senza alcun documento». Anche il fatto che si debba dichiarare il nome del cercatore non dà molte garanzie sull’origine del prodotto: «Il tesserino è nazionale e un tartufaio umbro può benissimo andare per tartufi nelle Marche».

Poi c’è un’altra questione : è vero che l’Iva scende dal 22 al 10%, ma negli altri Paesi europei, dove il tartufo è considerato prodotto agricolo, l’aliquota è al 4% e tutta la filiera può giovare degli aiuti e dei finanziamenti previsti dalla Comunità europea. Ma la possibilità che anche in Italia il tartufo diventi prodotto agricolo spaventa i trifolao, che temono di veder cessato il loro diritto alla ricerca libera nei terreni altrui. La controproposta dei commercianti? «Chiediamo che venga riconosciuta ai cercatori una franchigia di 10mila euro l’anno, a titolo di rimborso spese. Solo così saranno incentivati a far emergere il loro lavoro», dice Montanaro. (NB il Rimborso spese è già previsto ed è del 22% sulla cifra d’acquisto dei tartufi, per maggiori informazioni sul calcolo della ricevuta d’acconto clicca QUI) Il Ministero per le Politiche Agricole ha istituito un tavolo di filiera con l’obiettivo di scrivere una proposta di legge condivisa. C’è l’esigenza di mantenere competitivo il tartufo italiano di fronte alla concorrenza agguerrita di sloveni, croati, greci, bulgari e romeni. Ma anche di non stravolgere una tradizione antica e ricca di fascino, oltre che di sapore.

«Un tentativo maldestro di far emergere chi lavora in nero, ma che di fatto è irrealizzabile – dice Andrea Rossano di Tartufingros -. L’anonimato sull’autofattura, per quanto discutibile, ha permesso alle aziende di lavorare dal 2005 a oggi, ma ora il nuovo sistema rischia di paralizzare completamente il mercato. Di fronte alla difficoltà di reperire i documenti dal cercatore, i commercianti saranno costretti ad acquistare da operatori esteri che offrono le varietà di tartufi più pregiate a prezzi concorrenziali e con documenti fiscali. I cercatori venderanno in nero a chi è senza scrupoli e il sistema sarà nuovamente inchiodato».

Agostino Aprile, presidente dell’Unione delle dieci Associazioni Trifolao Piemontesi: «Abbiamo avuto un incontro con il viceministro Olivero, lasciandoci con la promessa che questa legge sarebbe ancora stata discussa. Il procedimento ha molti punti favorevoli, perché riconosce la filiera del tartufo e garantisce la rintracciabilità del prodotto. Ma per renderlo attuabile abbiamo chiesto di concedere ai cercatori un bonus iniziale compreso tra i 3 e i 5 mila euro: una sorta di franchigia che ci riconosca le spese e ci consenta di mettere a posto il settore senza più scuse. Speriamo che ciò sia inserito nella legge di stabilità del prossimo autunno».

Fonte: LaStampa