Vipere: cosa fare e non fare in caso di morso

Le vipere italiane sono “pacifiche” e preferiscono scappare; il morso è mortale in rarissimi casi (i soggetti più a rischio sono anziani, bambini o persone debilitate). Bisogna evitare la somministrazione di siero (immunoglobuline di origine equina) al di fuori di un ambiente ospedaliero per il rischio di shock anafilattico, in quanto più pericoloso del morso stesso della vipera.

Specie presenti in Italia

  • L’aspide o vipera comune (Vipera aspis), la più comune, diffusa su tutto il territorio, tranne in Sardegna.
  • Il marasso (Vipera berus), frequente nell’Italia settentrionale.
  • La vipera dell’Orsini (Vipera ursinii), presente solo sull’Appennino Abruzzese ed Umbro-Marchigiano, è la specie più piccola, con una taglia media di circa 40 cm.
  • La vipera dal corno (Vipera ammodytes), presente nell’Italia Nord-orientale.

Come evitare i morsi di vipere

E’ consigliabile indossare, durante le ricerche, scarponcini da trekking, meglio se sopra ad un paio di spessi calzettoni. Le vipere italiane possiedono delle zanne velenifere che, al massimo, possono misurare circa 5 mm e quindi un tale abbigliamento è più che sufficiente ad evitare ogni rischio di morsicatura, visto che difficilmente il serpente riesce a far penetrare i denti veleniferi per più della metà della loro lunghezza.

 COSA NON FARE IN CASO DI MORSO

Incisione della cute: questa manovra eseguita da mani inesperte e con strumentazioni non adeguate, provoca inevitabilmente danni che possono non solo interessare tendini e nervi, ma anche vasi sanguigni.

Laccio emostatico: l’applicazione del laccio emostatico viene normalmente suggerita allo scopo di rallentare il drenaggio linfatico e quindi l’entrata in circolo del veleno, ma la sua applicazione, eseguita in modo scorretto, può provocare una diminuzione (fino all’arresto) della perfusione a valle dell’applicazione dello stesso: questo determina una diminuzione dell’apporto non solo di ossigeno che viene trasportato dal sangue arterioso, ma anche una mancata eliminazione delle sostanze metaboliche che normalmente vengono riversate nel sangue venoso per essere eliminate: questo è quello che in termini “tecnici” viene definito anossia istotossica. La conseguenza è un aggravamento del danno locale e con conseguente sofferenza fino alla necrosi della zona con estremo aumento del dolore. Inoltre al momento della rimozione del laccio, vengono immesse in circolo le sostanze provenienti dalla zona lesa, risultato sia del morso che della ipoperfusione con quadro di grave shock.

Applicazioni locali di ghiaccio o soluzioni refrigeranti: l’utilizzo di questa tecnica determina una vasocostrizione che non ha alcun effetto sul veleno eventualmente iniettato, ma che può invece aggravare il danno locale soprattutto quando il veleno provoca necrosi locale.

Somministrazione del siero al di fuori di strutture ospedaliere attrezzate: la somministrazione del siero antiofidico essendo eterologo, perché proveniente solitamente dal cavallo, espone al rischio di reazioni allergiche gravissime e rapidamente mortali in ambiente non attrezzato a fronteggiare adeguatamente questa evenienza. Il siero non deve essere somministrato sottocute e tanto meno intorno alla zona in cui si è verificato il morso. Inoltre deve essere mantenuto costantemente a temperatura di 4°C, quindi se viene tenuto a lungo a temperatura ambiente, come probabile durante un’escursione, può alterarsi e dare ulteriori problemi quando viene somministrato.

Assunzione di alcolici : l’abitudine a considerare l’alcool efficace come supporto terapeutico non ha alcun fondamento razionale: infatti non solo ha un effetto depressore sul Sistema Nervoso Centrale, ma determina una vasodilatazione periferica facilitando quindi l’assorbimento del veleno.

COSA FARE IN CASO DI MORSO

Prevenire l’agitazione con conseguente ipermobilizzazione della zona colpita: se il paziente è colto da paura si agita più facilmente, aumentando così la contrazione muscolare e quindi la “pompa muscolare” con drenaggio del veleno verso i vasi sanguigni; inoltre, per lo stesso motivo è sconsigliabile, quando possibile, che il paziente si rechi a piedi all’ospedale più vicino, ma aspetti i soccorsi, possibilmente immobile con immobilizzazione dell’arto colpito come per frattura (vedi avanti).

Immobilizzare l’arto colpito: l’immobilizzazione dell’arto colpito da morso di serpente è la tecnica proposta per rallentare l’entrata in circolo del veleno.

Trasporto in Ospedale nel tempo più breve possibile, ma sempre tenendo conto che l’azione del veleno delle vipere italiane si svolge nell’arco di ore e non di minuti.

Lascia un commento