Come la fiera divenne nazionale – Fiera D’Alba

Come la fiera divenne nazionale – Fiera D’Alba

Come la fiera divenne nazionale – Dal 1964, in una delle domeniche della mostra concorso del tartufo, Battista Brero di Verduno presentò, fuori concorso, un tartufo di 1.270 grammi, uno spettacolo, a leggere le cronache, di compattezza e profumo. In quell’anno, i tartufi si acquistavano al mercato a 2.500 – 3.000 lire l’ettogrammo ed era un’annata di tartufi di ottima e grande pezzatura; eppure per smentire i luoghi comuni fu anche un ottima annata per i vini rossi di Langa.
Osvaldo Cagnasso, presidente della fiera e dei commercianti, aveva diversi obbiettivi: confermare e ribadire che Alba era la loro capitale, il loro punto di riferimento, il polo dei mercati e del commercio.

Nel 1968 era presidente del comitato fiere Giacomo Toppino e le manifestazioni continuavano nel solco della tradizione: Grandi mostre del tartufo bianco in cui Giorgio Morra e Roberto Ponsio gareggiavano nel presentare i pezzi migliori e più pregiati per aggiudicarsi gli ambiti premi che conferivano notorietà e prestigio nel commercio.
Nonostante il successo crescente di pubblico, di manifestazioni, di varietà di programmi che di anno in anno si alternavano, “la fiera del tartufo non piace agli albesi” titolava un quotidiano nel 1970. Già nel 1967 Nicolas Enrichens scriveva un articolo intitolato “la fiera del tartufo e le sagre paesane delle Langhe”. Dopo avere scritto bene delle sagre dei paesi che si susseguono per concludersi poi – questa grande gioia paesana – nella fiera del tartufo concludeva scrivendo: <<Abbiamo letto il programma e dobbiamo dire che c’è poco o niente al di fuori di un comitato molto numeroso. Questa manifestazione rimane, per la sua incidenza di notorietà e di partecipazione, ristretta alle Langhe. Dura molti, troppi giorni, ha troppe manifestazioni sportive, nessuna di carattere culturale, nessun convegno, nemmeno a carattere regionale, sui problemi della gastronomia e dei vini, che sono due componenti turistiche albesi>>.

 

 

Nel novembre del 1970 la fiera del tartufo era stata posta nuovamente sotto accusa nel corso di una riunione svoltasi alla Famija albèisa. Intervenne uno stuolo di politici: dal sindaco, agli assessori, dall’assessore regionale al presidente della fiera: tutti imputati e alla fine condannati. Ma le critiche alla fiera sono periodiche ogni tanto si fanno processi: chi è fuori critica e condanna chi organizza si difende, salvo criticare quando non avrà responsabilità dirette. E’ stato così fin dall’inizio forse aveva ragione Vittorio Riolfo quando nel 1985 scriveva: << Il tartufo bianco assieme al vino, rappresenta la tipicità della nostra terra, anzi, più di quello ne è diventato l’emblema specialmente per l’effetto dell’apposita fiera che da oltre cinquant’anni ne esalta i pregi. Non già che i nostri nonni fossero allo scuro di tanto tesoro disseminato sui loro bricchi: giusto 100 anni or sono il conterraneo Cesare Galbano scrittore per beneficenza di frivole memorie sulla piccola società Bene di Alba, non mancava di ricordare che dei tartufi si faceva importante commercio sulla nostra piazza. Ma, ahimè, già in quei tempi egli lamentava i danni enormi che i cercatori di tartufai arrecano alle proprietà. 
Ad un secolo di distanza, il mercato dei tartufi d’Alba è più importante che mai, ma pare che il rovescio della medaglia, cioè i danni, lo sia altrettanto; non per le proprietà, bensì per le stesse tartufaie saccheggiate in modo sconsiderato perchè tutti vogliono, oltre al “circo”, anche il tartufo. Dopoil 1945 non ci resta che la fiera del tartufo, teniamocela stretta. E’ la manifestazione giusta>>.

Nel 1973 la fiera ottenne dal ministero dell’industria, commercio e artigianato la qualifica di “Nazionale”.
Nel 1974 nasceva un nuovo logo per la fiera: la bottiglia con il taglia tartufi un manifesto che per oltre venti anni annuncerà, anche dalle stazioni ferroviarie italiane, lo svolgimento della fiera internazionale del tartufo. E intanto, in località Serre Eugenio Agnello con la sua cagnetta Linda scovarono un tartufi di 1.380 grammi, grandi titoli e fotografie sui giornali, ammirazione, stupore e tanta invidia negli altri trifolao anche perchè i tartufi si compravano al mercato a 12.000 – 16.000  lire all’ettogrammo.
Nel 1979 ancora un tartufo eccezionale secondo le cronache, Pinot di Soc con la cagnetta Fruja rinveniva a San Pietro di Govone un esemplare di Tuber Magnatum Pico di 1560 grammi che Andrea Rossano della Tartufilgros si affrettava ad acquistare per portarlo in dono al pontefice Giovanni Paolo II. Nello stesso anno il comm. Roberto Ponzio aveva acquistato da Mario Fiore alla fiera del tartufo un esemplare di 650 grammi che aveva vinto il trofeo di Giacomo Morra lo aveva pagato 300.000 lire.

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