Yabba Dabba Doo! Il tartufo delle caverne

Yabba Dabba Doo! Il tartufo delle caverne

Yabba Dabba Doo! Il tartufo delle caverne – Nuove scoperte sulla biologia del tartufo: scoperta la struttura tra  Tuber Aestivum e la radice dell’albero simbionte. Ora starete dicendo che si sa già da un bel po’!!! ma NON è cosi. Perlomeno non del tutto in quanto il tartufo essendo ipogeo non lo si può osservare durante le fasi di sviluppo. Questa scoperta è stata possibile grazie al fatto che sono letteralmente sbucati degli Scorzoni dal soffitto di una caverna. 

L’osservazione ha permesso di osservare che la struttura di attacco è organizzata in condotti costituiti da tessuto simile a gleba e collegata a una rete di ife che viaggiavano attraverso particelle di terreno. Solo un tipo di accoppiamento è stato rilevato dalla PCR nella gleba e nella struttura di attacco, suggerendo che questi due organi sono di origine materna, lasciando aperta la questione della posizione del tipo di accoppiamento paterno opposto.

Tra i misteri che ancora oggi  sono irrisolti c’è il processo di fertilizzazione, l’identità del gamete maschile o il meccanismo di connessione tra ectomicorrize e ascocarpi, e il modo di nutrirsi degli ascocarpi del tartufo in crescita che è un enigma controverso fin dal diciannovesimo secolo.

Identificare questi meccanismi potrebbe rivelarsi di fondamentale importanza sopratutto per i tartuficoltori che con una maggiore consapevolezza dei meccanismi di sviluppo del tartufo potrebbero ovviare alle carenze di produzione dovute dal clima.

I ricercatori francesi hanno spiegato minuziosamente i processi di analisi e i materiali impiegati, processi che noi non andremo ad elencare perché troppo tecnici e adatti a mio parere solo agli addetti.

Di particolare interesse è stata l’osservazione delle ife connesse al tartufo che essendo esili e microscopiche vanno distrutte durante la raccolta. Oltre a giustificare i 6 mesi necessari alla maturazione in quanto da questi filamenti possono essere attraversati da esigue  quantità di nutrienti necessari allo sviluppo. Concludo riportando a grandi linee quanto è emerso a riguardo.

Panoramica del sito di raccolta.
a) Veduta di una tipica galleria di una delle cave di Bonneuil-en-Valois.
b) radici essiccate, ectomicorrize morte (frecce bianche) e un ascocarpo mummificato di T. aestivum posto in una diaclase del soffitto.
c) Radici non micorrize in panneggio appeso all’aria aperta dalle diapositive del soffitto.
d) Giovane ascocarpo di T. aestivum sul muro di una galleria.
Le frecce bianche e nere indicano le radici e le ectomicorrize nelle vicinanze dell’ascocarp, rispettivamente.
e) Giovane ascocarpo di T. aestivum in posizione appesa al soffitto

LE IFE

La struttura di attaccamento che descriviamo  molto probabilmente forma la connessione TRA RADICE E TARTUFO è composta da cinque punti di attacco, ciascuno costituito da alcune centinaia di teste  e rappresenta una superficie microscopica del telaio  Nella giunzione con il substrato, la struttura dei condotti si apre su una rete circondando o penetrando gli aggregati minerali del substrato e rimanendo ife esterne precedentemente descritte da Barry et al. (1993). Si ipotizza che questa rete sia collegata a ectomicorrize situate a diversi centimetri o decine di centimetri dall’ascocarpo.

L’interno dei cinque condotti che formano la struttura di attacco consiste in ife aggregate di diametro piccolo e ife di diametro maggiore che probabilmente hanno una funzione conduttiva. Questa ipotesi è supportata dal fatto che simili ife di grande diametro possono anche essere viste nel mantello delle ectomicorrize di T. aestivum e T. melanosporum (A. Deveau e A. Guillen, non pubblicato) e dal lavoro di Duddridge et al. (1980) mostrano che le grandi ife centrali di Bvessel all’interno dei rizomorfi micorrizici sono in grado di facilitare il trasporto dell’acqua. Poiché il diametro di questa connessione era relativamente stretto (massimo 10 mm2), ci si può aspettare che possa garantire solo un flusso limitato di composti di carbonio. Questa bassa capacità di trasporto potrebbe spiegare la crescita molto lenta di Tuber ascocarps, che dura per quasi 6 mesi.

La struttura di attacco esibiva solo un tipo di accoppiamento, uguale a quello della gleba.