Ma davvero ci sono tartufi in Sardegna?

Ma davvero ci sono tartufi in Sardegna?

Ma davvero ci sono tartufi in Sardegna – Scorzoni, uncinati, invernali, marzuoli, nero pregiato, persino bianchi . Ci sono tutti (o quasi), nell’isola delle biodiversità, che custodisce bontà e prelibatezze di ogni genere, purtroppo spesso non valorizzate e tutelate.
Ci sono sempre stati, ma soltanto da qualche anno si è formata una rete di raccoglitori preparati.
Il re dei funghi è di casa tra Laconi, Nurallao, Villanovatulo, e tutto il Tacco calcareo del Sarcidano, fino a Isili e Gadoni ne è ricco. È un’area vasta. La mappa del tesoro è ovviamente segreta: i razziatori, quelli che arrivano con le zappe a distruggere le radici degli alberi sono sempre dietro l’angolo.

«I nostri tartufi sono eccellenti e ricercati anche dagli intenditori. Le nostre essenze, le erbe aromatiche trasmettono ai tuber fragranze e profumi che è difficile trovare altrove». Pinuccio Pisu è un tartufaio affermato e scrupoloso. È rientrato a Laconi da Milano dopo trent’anni trascorsi a lavorare tra ristoranti e farmacie comunali. Guida con mano ferma Luna e compagnia, è un bravo allevatore di cani. Ha conosciuto il tartufo da bambino: «Il primo lo raccolsi a dieci anni, ma non sapevo cosa fosse. Ho saputo molto tempo dopo che era un tuber prezioso, quando lo vidi in un ristorante a Torino». I suoi cani sono considerati ottimi cercatori. Le bibbie dei cavatori dicono che la razza eletta è il Lagotto romagnolo. Da queste parti si fa in proprio. E non si sbaglia. «I migliori? Quelli ben addestrati e soprattutto che non si stancano a battere la campagna», dice Pisu. 

Le aziende di trasformazione dei tartufi del Sarcidano sono a conduzione familiare. Una ventina di raccoglitori, le famiglie non più di dieci. Raccolta: da 10 a 15 quintali l’anno. Giro commerciale difficile da definire. Molto variabile, dipende dalla stagione, come per ovuli e porcini: in tutti i casi, il borsino di bianchetti e invernali lo decidono fuori dall’Isola. Una piccola parte dei frutti dall’aroma penetrante resta in Sardegna, il resto va oltremare: e spesso ritorna nei ristoranti sardi col bollino piemontese, umbro o molisano.

Il tartufo sardo sembra avere un futuro. Può diventare una piccola e stabile industria del Sarcidano (alcuni dicono che si trova anche in alcune aree del Supramonte).
«Stiamo bussando a tutte le porte, in particolare alla Regione. Per tutelare il tartufo sardo, depredato dai cercatori che arrivano dal continente, caricano e se ne vanno, è necessario approvare una legge sui funghi in generale, stabilire delle regole», dice Maria Usai.

Lascia un commento