Il mondo segreto del tartufo

Il mondo segreto del tartufo

Il mondo segreto del tartufo  – Guido Piovene nel suo “Viaggio in Italia” definiva il tartufo “essere misterioso, che rende misteriosi anche gli uomini nell’andarne a caccia” . Perché i cacciatori di tartufi – i trifulau – quando scoprono una riserva, continuano il loro giro simulando indifferenza per non attrarre l’attenzione degli altri. Dopo pranzo vanno al caffè, e alla solita ora fingono di tornare a casa per coricarsi ; invece escono in segreto con una lanterna cieca e un cane silenzioso.

Per un breve periodo cullai il sogno di scrivere un film sui trifulau. Così una mattina partii per Alba con uno zaino pieno di taccuini, una macchina fotografica e un registratore portatile e mi incollai dietro a un vecchio trifulau che per una settimana sopportò la mia curiosità. Ha ragione Cesare Marchi quando scrive che “a guardarli bene tra loro, i trifulau, si assomigliano, perché ciascuno di loro assomiglia stranamente al tartufo : profilo sbilenco, pelle ruvida, color della terra” .

Il mio veniva a prendermi la mattina col suo cane, facevamo colazione in piedi nel bar della pensione, io un caffè, lui una grappa, e poi ci inoltravamo nell’aria cruda di nebbia dei boschi. Il patto era che mi raccontasse ogni cosa, che mi svelasse tutto quello che sapeva sui tartufi, ma sul registratore finirono solo silenzi, mezze frasi e qualche rimbrotto al cane. Era come il Bartleby di Melville che a ogni cosa che gli chiedevano rispondeva sempre “preferirei di no”. Così il mio trifulau ; se gli chiedevo il permesso di scattargli una foto, o se lo sorprendevo con una domanda che potesse in qualche modo insidiare il suo mondo segreto, scuoteva il capo, mai in modo brusco, magari accompagnando il dondolio del capo con sorriso, dopodiché riprendeva a camminare come se io mi fossi evaporato nella nebbia. In una settimana, respirai l’aria sana dei boschi, feci amicizia col suo bastardo, lo vidi raccogliere solo tre o quattro tartufi moscati, poco più grossi delle feci di un coniglio, che non riuscì nemmeno a vendere perché il tuber brumale o lo dai via subito o perde il suo profumo.

Per mia fortuna il titolare della pensione conosceva un vecchio farmacista, naturalista per diletto, che diede un senso ai miei ultimi giorni ad Alba. Da lui appresi decine di aneddoti divertenti, mi portò a vedere come si addestrava l’olfatto dei cani da tartufo – cosa peraltro dispendiosissima – perché nei primi giorni ai cani si buttano dei piccoli tartufi neri coi quali giocano e poi li mangiano. In seguito i tartufi vengono nascosti – in genere sotto a una pietra o a un mattone – perché i cani inizino a raspare, e quando i cani superano la prova i tartufi si occultano negli anfratti, prima aperti, poi chiusi con la terra e il fogliame. A volte il farmacista li aiutava seppellendo nella buca anche un pezzo di formaggio – robiole mature e pungenti o gorgonzola . Inoltre mi erudì sulle differenze tra il cane e il maiale addestrati a trifule. “I maiali – mi sibilò in un orecchio – sono come le bombe intelligenti. All’inizio non c’è cane che tenga, ma appena arrivano a tiro del tartufo, un disastro. Conosco un paio di trifulau che per levargli il tartufo di bocca, a momenti ci rimettevano la mano”.

Quando gli feci leggere il mio soggetto sorrise. Lo trovò “troppo ottimista”. “Magari i trifulau si limitassero a sabotare l’olfatto dei cani dei loro colleghi.Qui te li avvelenano, se non stai in campana “. Nei boschi mi indicò le essenze arboree con cui i tartufi sono soliti associarsi, e alla vista delle vigne, lanciò colorite imprecazioni. Le vigne gli facevano lo stesso effetto che Salman Rushdie fa agli ayatollah iraniani. ” Per metter su queste viti hanno fatto strage di piante. Se sapesse i tigli, i pioppi, i salici e le querce che hanno abbattuto. Così non va. Non va soprattutto per i tartufi. Perché così il nostro bicchiere sarà sempre pieno ma sulla fonduta cosa ci gratteremo ? I tappi del Dolcetto? “.

Finalmente potevo scrivere qualcosa sui miei taccuini, anche se, una volta a casa, realizzai che comprando un manuale della Hoepli avrei risparmiato in tempo e in denaro. Quanto al mio omertoso trifulau venni a sapere che mentre di giorno mi portava per boschi a caccia di cacatine di coniglio, la sera levava i tappi dalle narici del suo bastardo e la raccolta era tale che i tartufi bianchi gli debordavano dalle tasche. Sul treno che mi riportava a casa mi parve di udire le sue risate mentre raccontava di me ai suoi amici al bar…

di LORENZO CAIROLI ( scrittore e sceneggiatore)

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