Ancora politica sul tartufo ora tocca all’olio

Ancora politica sul tartufo ora tocca all’olio

Ancora politica sul tartufo – «Sindaco prendi in mano la bandiera contro l’olio tartufato. Vero che qui comanda il mercato e che il prodotto funziona. Ma fa anche male. Perché il tartufo non lo vede neanche di passaggio». Così Carlo Petrini, parlando di patrimonio agricolo, cibo e tutela dei prodotti del territorio durante il suo intervento alla festa per i 150 anni de «La Stampa», si è rivolto al primo cittadino Maurizio Marello, seduto in prima fila.

Un appello ripreso in questi giorni dal consigliere albese del Movimento 5 stelle, Ivano Martinetti, che allo stesso Marello ha presentato un’interrogazione per sapere «se non ritenga necessario sollecitare il ministero delle Politiche agricole a fare chiarezza normativa sulla dicitura “aroma al tartufo”, verificando le sostanze che eventualmente possono essere dannose per la salute e promuovendo, di concerto con gli operatori economici interessati, la denominazione comunale di origine per i prodotti olio e uova con aroma naturale al tartufo».

Il sindaco precisa: «Non entro nel merito delle questioni organolettiche, ma questa volta credo che Petrini abbia usato un’espressione a effetto, che ha però ha il limite di sparare nel mucchio. Parliamo di olio e prodotti aromatizzati, un’industria della trasformazione che in questi anni si è specializzata. Ho visitato aziende del territorio di cui sono rimasto impressionato per professionalità, qualità e tecnologia». E aggiunge: «Come in tutti i settori ci sono prodotti buoni e cattivi. Non credo che la strada giusta sia l’eliminazione indiscriminata. Sicuramente va colpito, severamente, chi utilizza prodotti che con il tartufo hanno poco a che fare»

Antonio Degiacomi : «Partendo dal presupposto che la molecola utilizzata per l’olio è natural-identica a quella del tartufo, dire che l’olio fa male significa dire che anche il tartufo fa male. Rispetto alla ricchezza di componenti del tuber, nei derivati l’uso è limitato e gli aromi già sono regolamentati dalla legge».
«Come Centro studi e Fiera internazionale ci occupiamo di promozione del prodotto fresco, che si lega alla gastronomia. Il regolamento del mercato è molto severo sul controllo della qualità, proponiamo laboratori di analisi sensoriali che aiutano il consumatore a orientarsi e facciamo in generale un’opera di educazione e sorveglianza».

Paolo Montanaro, (titolare di Tartuflanghe): «Leggo con estremo rammarico e preoccupazione le dichiarazioni di Petrini»
«Si tratta di un messaggio non corretto e credo sia necessario fare alcune precisazioni fondamentali per fare chiarezza ed evitare che si diffondano allarmismi ingiustificati che possano recare irreparabili danni per operatori e consumatori»
«L’olio al tartufo, al contrario di quanto sostiene Petrini, è un prodotto che non fa male e che non contiene alcuna sostanza nociva o pericolosa per la salute. È un prodotto preparato e commercializzato nel rispetto della normativa vigente e delle prassi di igiene e sicurezza alimentare, e nel rispetto delle norme in materia di corretta informazione al consumatore. In particolare, poi, contiene lo stesso identico aroma presente nel tartufo bianco pregiato fresco, come confermato dal Centro nazionale Studi Tartufo, aroma che è dichiarato in etichetta, controllato e utilizzato nel rispetto delle specifiche norme comunitarie».
«A questo punto visto che l’argomento non è nuovo, mi chiedo dove sia il punto e quale sia il fine: mi chiedo se l’intento sia quello di mettere al bando l’utilizzo degli aromi, se questa sia la bandiera di cui dovrebbe farsi portavoce il sindaco Marello. Ma allora si dovrebbe rivolgere l’attenzione a tutti i prodotti alimentari, perché gli aromi che la nostra industria utilizza sono esattamente uguali a quelli impiegati da tutti gli altri produttori di alimenti e di bevande che consumiamo tutti i giorni».
«Non accettiamo più di sentirci considerati mistificatori, perché i nostri prodotti sono a norma di legge e non sono nocivi alla salute. Quando si parla di mercato non si parla solo del vil denaro, ma di produzione sul territorio, di rispetto delle nostre terre e dei loro frutti, di indotto generato e posti di lavoro creati».

Fonte: LaStampa