Tartufai denunciano l’aumento dei cani da pastore nelle prossimità dei boschi
Tartufai denunciano l’aumento dei cani da pastore nelle prossimità dei boschi
Sono molto preoccupati alcuni tartufai dell’Appennino Piacentino per la presenza, nelle vicinanze di boschi e sentieri, dei cani pastori maremmani che difendono greggi di pecore. Un problema denunciato da Roberto Ferretti e Paolo Gilioli che, in prossimità dell’apertura della stagione di ricerca dei tartufi, chiedono urgenti soluzioni per evitare spiacevoli ‘incontri’ e conseguenze con questi animali.
“La nostra segnalazione – dicono Ferretti e Gilioli – proviene da un gruppo di tartufai montanari che si fanno sicuramente portavoce di altre persone che a vario titolo frequentano la nostra montagna a scopo ludico ed escursionistico. Negli ultimi anni si evidenzia una crescita esponenziale dei cani da guardia, un tempo impiegati solo dai pastori dell’alto crinale mentre oggi sono sempre più impiegati anche da aziende agricole non solo dedite alla pastorizia nel territorio montano e in media-bassa collina. La tenacia nella difesa di questi cani, usati contro un’eventuale predazione degli armenti da parte di lupi e volpi, ha provocato un serio problema di sicurezza per i malcapitati viandanti che si imbattono nei pastori maremmani”.
I due tartufai reggiani spiegano che i cani incontrati sono sempre liberi e spesso in branchi senza nessuna limitazione anche a svariate centinaia di metri dalle fattorie e in alpeggio invece sono lasciati incustoditi a guardia del gregge senza la presenza del pastore. “Recentemente – proseguono Ferretti e Gilioli – in Calabria una ragazza è stata sbranata dai cani e molteplici sono le segnalazioni di pericolosi incontri con questi animali.
“Siamo quindi preoccupati per i nostri cani e per la nostra incolumità durante l’attività di ricerca dei tartufi”.
Sollecitano le amministrazioni e gli enti preposti “a prendere provvedimenti risolutivi per garantire la sicurezza di chiunque eserciti il sacrosanto diritto di fruire dell’ambiente naturale dei nostri luoghi”. Propongono un censimento accurato di tutti gli allevamenti che dispongono di questi cani per “verificare la regolare microchippatura e idoneità di addestramento per svolgere il compito loro assegnato e sarebbe opportuno che rimanessero in ambiente recintato sicuro in assenza del proprietario”.
Ferretti e Gilioli non condividono come unica soluzione la diffusione sui social di “tabelle dissuasive per prestare attenzione ai cani addestrati a proteggere le pecore volte solo a deresponsabilizzare amministrazioni ed enti che hanno nicchiato, preso tempo e deciso nulla per non scontentare nessun bacino elettorale”.
Artido di Matteo Barca Fonte : ilrestodelcarlino.it