Tacito accordo, rasa al suolo una tartufaia di 2 ettari
Asti: Un tacito accordo con il proprietario dell’appezzamento con l’Associazione Trifulau Canelli poi, avevano cercato a più riprese di codificare.
E’ finita nei peggiori dei modi l’ennesimo caso di inettitudine amministrativa, da un lato tartufai che vogliono la libera cerca e dall’altro proprietari terrieri che a torto o a ragione, troppo spesso esasperati, giungono a questa conclusioni a causa di accordi “taciti” e mai “codificati”.
«Era una tartufaia meravigliosa per il nero del Piemonte della pregiata varietà “Moscato”»
dice, sconsolato, Piercarlo Ferrero, presidente dell’Associazione Trifulau Canelli.
«Qualche giorno fa sono venuto in cascina ed ho sentito il rumore delle seghe meccaniche. Vuoi vedere, mi son detto, che stanno tagliando qualche bella pianta».
Fatti pochi metri lungo la strada che taglia a mezzacosta, un tuffo al cuore: il noccioleto, poco meno di due ettari, era scomparso.
«E’ stata una vera botta spiega. Quel terreno coltivato a nocciole era un’area che i trifulau dell’associazione conoscevano bene perché, oltre a raccogliere il tartufo nero “Moscato”, usavamo come tartufaia didattica e luogo di allenamento per i cani da cerca».
Un tacito accordo con il proprietario dell’appezzamento che l’Associazione Trifulau Canelli, prima, e lo stesso Ferrero, poi, avevano cercato a più riprese di codificare.
«Ci eravamo proposti per l’acquisto o l’affitto del noccioleto - aggiunge il ristoratore “stellato” Michelin alla guida, con la moglie Mariuccia, del San Marco – Volevamo prenderlo in affido, pulirlo, tenerlo in ordine così che non si disperdesse la sua ricchezza, salvaguardando l’ecosistema».
Le cose, invece, sono andate diversamente.
«Il proprietario non solo non ha preso in considerazione le nostre proposte ma ha deciso di radere al suolo i noccioli, alcuni vecchi di decenni»
Una perdita non solo per i cercatori di tartufo che, da metà dicembre fino a marzo, in questa “riva” raccoglievano il Moscato (tuber Moscatum), ma per la collettività.
«Siamo in territorio Patrimonio dell’Umanità: è nostro dovere salvaguardare e curare quel che c’è. Invece, distruggiamo. E lecito, questo? affonda il presidente dei Trifulau di Canelli – E’ consentito abbattere coltivazioni tipiche del nostro territorio riconosciute dall’Unesco? Così non si salvaguardia l’ambiente, come noi vorremmo, ma si distrugge. I vecchi contadini dicevano che là dove la vigna “non mette” bisogna piantare il nocciolo. E così è stato, da sempre. Considerando, anche, che la coricoltura rende: le nocciole della varietà “Tonda e Gentile” vengono pagate tra i 300 e i 400 euro il quintale. Una scelta che non comprendiamo».
Il suo grido d’aiuto è rivolto agli «amministratori, ai quali chiediamo attenzione all’ambiente, alle coltivazioni presenti, alle piante e ai boschi: noi vogliamo che il nostro territorio diventi sempre più bello. Ma bisogna che questo sia mantenuto in vita».
Fonte: lanuovaprovincia