Settore tartufi in Crisi? un commerciante su tre ha chiuso i battenti

Parlare di crisi nei settori del lusso come è quello  del tartufo è un vero e proprio tabù, ma è giunto il momento di farlo, purtroppo. Già da tempo, e più precisamente nel 2022, avevamo toccato questo “nervo scoperto” con l’editoriale: Gli Italiani non acquistano più i tartufi. in cui abbiamo profondamente esaminato le varie vicissitudini del “bel paese” quali:  la guerra, la siccità e pestilenze di vario genere e natura che  hanno  messo a dura prova il sistema nervoso ed il portafoglio degli italiani.

Come se questo non fosse sufficiente  è cosa nota che la Spagna, non ha solo superato ed abbondantemente la nostra penisola, ma anche i nostri “cugini” francesi, tanto che il quotidiano La  Repubblica vi ha dedicato un ampio spazio  nella seconda metà di agosto con un articolo che titolava: La scalata del tartufo spagnolo: battuto quello francese, punta a diventare leader mondiale

Ed sempre a proposito di notizie,   una manciata di giorni fa un altra imponente realtà imprenditoriale legata al mondo del tartufo ha ceduto le sue quote, seguendo le orme della Savini Tartufi. Notizia riportata da numerosi quotidiani che si occupano di economia e food: Dopo Savini, Italian Fine Food compra anche i tartufi di Stefania Calugi

Come è risaputo le disgrazie non vengono mai sole, e neanche questa volta  possiamo avvalerci dell’eccezione che conferma la regola. Sono di quelle che di solito fanno sorridere i tartufai e storcere il naso a chi deve cacciare i soldi. A darne per prima testimonianza è stato il quotidiano di Trieste; Il Piccolo, che con un titolo ad effetto ha riportato al grande pubblico, quello che gli osservatori “dietro le quinte” avevano appurato già da tempo

In Istria aperta la stagione del tartufo bianco, ma il caldo non aiuta
Magro bottino nella raccolta dimostrativa al Bosco di Montona a causa del calore. Prime stime sui prezzi: più di 5 mila euro al chilo per esemplari di prima categoria

 

Ora, in considerazione del fatto che l’Italia non può sopperire al fa bisogno mondiale per le medesime motivazioni e il conflitto con l Ucraina tiene ancora “in scacco la Russia” sul fronte commerciale con l’Europa ed in virtù dei proibitivi dazi degli USA non è difficile immaginare il motivo che ha portato un terzo degli operatori del settore a gettare la spugna. Parliamo di una realtà, formata da piccoli e medi imprenditori che dava forza lavoro ad innumerevoli famiglie sparse  sullo stivale, che ora  non possono fare altro che “attendere alla finestra”