Guida: alla “ri”cerca del tartufo Bianchetto

Guida: alla “ri”cerca del tartufo Bianchetto

Guida: alla “ri”cerca del tartufo Bianchetto – Il Tuber borchii o tartufo Bianchetto o Marzuolo  è  il tartufo tra quelli che vengono considerati meno pregiati e senz’altro tra i meno  conosciuti dal pubblico
Il metodo migliore per riconoscerli è quello olfattivo, in quanto il Tuber. borchii possiede un odore  agliaceo tanto che in alcune zone d’italia viene anche chiamato Aglietto.

Epoca di maturazione
Dall’autunno alla primavera.

Habitat
In suoli calcarei, argillosi (collinari), ma anche sabbiosi (pinete costiere) e in humus non moto acido; in boschi di latifoglie o di conifere o misti, a poca profondità nel suolo; dal livello del mare ai 1000 m di altitudine. Solitario e gregario.

Corologia
Tra il 37° e il 61° parallelo di latitudine nord.

Spagna, Francia, Gran Bretagna (Sud-Ovest Inghilterra), Irlanda, Belgio, Olanda, Germania, Danimarca, Finlandia, Polonia, Repubblica Ceca. Repubblica Slovacca, Ungheria, Croazia, Austria, Svizzera.

Italia: Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia,
Liguria, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna.

Paesi extraeuropei: Cina, USA per tuber levissimum Gilkey.

Simbiosi in natura con:

Roverella (Quercus Pubescens)

Leccio (Quercus Ilex)

Cerro (Quercus Cerris)

Rovere (Quercus Petraea)

Faggio Europeo (Fagus Sylvatica)

Nocciolo (Corylus Avellana)

Carpino Bianco (Carpinus Betulus)

Carpini (Ostrya)

Tigli (Tilia)

Pioppo Bianco (Populus Alba)

Pioppo Nero (Populus Nigra)

Pioppo Tremulo (Populus Tremula)

Salice Bianco (Salix Alba)

Salicone (Salix Caprea)

Pino Nero (Pinus Nigra)

Pino Domestico (Pinus Pinea)

Pino D’aleppo (Pinus Halepensis)

Larice Comune (Larix Decidua)

Cedro (Cedrus)

Abeti (Abies)

Abete di Douglas – Douglasia Costiera (Pseudotusuga Menziesii)

Simbiosi di sintesi con:

Nocciolo (Corylus Avellana)

Onatano Napoletano (Alnus Cordata)

Castagno Europeo (Castanea Sativa)

Farnia (Quercus Robur)

Roverella (Quercus Pubescens)

Sughera (Quercus Suber)

Cisto Villoso – Cisto Rosso (Cistus Incanus)

Pioppo Bianco (Populus Alba)

Pioppi (Populus)

Pino Strobo (Pinus Strobus)

Pinus Brutia

Pino Nero (Pinus Nigra)

Pino D’aleppo (Pinus Halepensis)

Cedro dell’atlante (Cedrus Atlantica)

Cedro dell’Himalaya (Cedrus Deodora).

 

L’ecologia

Il Tuber albidum è una specie ubiquitaria che presenta un vasto areale europeo (secondo alcuni autori si dovrebbe parlare di “gruppo di specie” più che di specie singola). In Italia è presente dalle valli alpine alle isole, in particolare nelle pinete litoranee, nei boschi misti delle zone collinari, nelle aree di vegetazione relitta della pianura, nonché sotto le conifere di parchi e giardini. E’ abbastanza comune ovunque vegeti il Tuber magnatum, ma rispetto quest’ultimo si adatta a condizioni pedoclimatiche differenziate (Zambonelli, 1984) e va ad occupare ambienti più “difficili”.

E’ infatti comune nelle pinete litoranee, caratterizzate da terreno tipicamente sciolto, sabbioso e salmastro e con clima tipico delle zone costiere (con escursioni termiche ridotte, ventilazione ed umidità relativamente elevate e scarse precipitazioni nel periodo estivo), ma vegeta anche nei terreni calcareo-argillosi con clima continentale (forti escursioni termiche ed abbondanti piogge primaverili). Le piante con cui il Tuber albidum entra in simbiosi sono i pini delle zone costiere, pino domestico (Pinus pinea), pino marittimo (Pinus pinaster), pino d’Aleppo (Pinus halepensis); quelli delle zone collinari pino nero (Pinus nigra) e pino laricio (Pinus nigra var. laricio) e quelli esotici come il pino eccelso (Pinus excelsa) ed il pino strobo (Pinus strobus); simbionti sono anche le querce sia dei boschi mesofili, rovere (Quercus sessiflora) e cerro (Quercus cerris), che xerofili roverella (Quercus pubescens). Per quanto riguarda alcune specie erbacee come la lupinella (Onobrychis viciaefolia) e l’elicriso (Helicrysum italicum) citate da alcuni autori come possibili simbionti,va detto che queste sono solo piante associate a certi ambienti fortemente argillosi ove vegeta molto bene il Tuber albidum. Infatti i tartufi più belli e più grossi si ritrovano fra l’apparato radicale dei ciuffi di lupinella ma sempre in vicinanza di piante simbionti per lo più isolate o ai margini di terreni agrari abbastanza profondi. Al contrario esemplari molto più piccoli, talvolta delle dimensioni di un pisello, si rinvengono nelle tartufaie di zone umide e fitte del bosco o di zone ricoperte da ricca vegetazione di brachipodio come nei terreni sodi e negli ex coltivi. Questi esemplari di Tuber albidum che anche a maturazione emanano un debole profumo vengono chiamati nelle Marche “chiodelli” (Rabascini, 1985). La fruttificazione di Tuber albidum, generalmente abbastanza superficiale e con carpofori per lo più isolati, può iniziare (a seconda dei freddi invernali) a gennaio e si protrae fino ad aprile. Il periodo migliore per gustare tartufi maturi e dal forte profumo agliaceo è quello di febbraio-marzo.

L’asparago selvatico (Asparagus acutifolius)

L’asparago selvatico (Asparagus acutifolius) è una pianta  reperibile in tutto il bacino del Mediterraneo. I nomi comuni “asparago spinoso” e “asparago pungente” derivano dalle caratteristiche spine.

Spesso nelle  zone tartufigene sono presenti gli asparagi selvatici, ciò che ho notato in questi anni è che in zone boschive ove vene sono elevate concentrazioni è possibile cavare sia lo scorzone che il bianchetto, a seconda degli alberi simbionti locati nella zona, questo mi ha portato a documentarmi sulle “abitudini” dell’asparago selvatico, per capire se è frutto di un caso o se vi sia una correlazione.

E’ per questo ho comparato gli habitat degli asparagi con i tartufi in questione:

  • L’asparago selvatico cresce in tutta Italia, dal livello del mare sino ai mille metri di altitudine, tranne dove gli inverni sono troppo rigidi. Predilige le zone ombrose di boschi radi e di frutteti ed oliveti, ma sopporta anche il pieno sole. È una pianta che si adatta a diversi tipi di terreno, sia acidi che alcalini, tranne a quelli eccessivamente umidi e dove ristagna l’acqua. L’asparago selvatico cresce egregiamente anche in terreni marginali (dove poche altre specie possono dare un raccolto), sassosi, incluse le scarpate, poco indicate per altre colture. Esige un buon livello di sostanza organica, soprattutto in presenza di terreni argillosi, che tendono a «spaccarsi» d’estate con la siccità, danneggiando le radici delle piante.
  • I suoli a tartufo nero estivo presentano in genere dei profili di tipo rendzina e di tipo suolo bruno calcareo, anche se questo tartufo non teme i suoli molto superficiali, quasi bruti, su roccia madre di calcare duro; la loro tessitura è molto variabile secondo gli ambienti, ma il più sovente si presenta equilibrata. Il Tuber aestivum può svilupparsi in mezzo alle pietre, fra gli interstizi della roccia o nelle conche, ove si è anche accumulato molto humus proveniente dalla decomposizione delle foglie. Questo tartufo predilige particolarmente terreni calco-magnesiaci, filtranti, ricchi in costituenti fini e grossolani, con struttura aerata e grumosa, e sopporta meglio che il Tuber melanosporum suoli molto più pesanti e tenaci; il tartufo nero d’estate può fruttificare in terreni ricchi d’argilla a condizione che, oltre alla presenza di calcare, la parte superficiale ove si trovano i carpofori sia molto aerata; esso rifugge dai terreni fradici preferendo quelli in cui l’umidità non sia prolungata e che si riasciughino prontamente. L’aspetto chimico di questi suoli rivela che Tuber aestivum si sviluppa a livelli di sostanza organica molto variabili, tuttavia rispetto al nero pregiato ne sopporta contenuti più elevati, infatti è capace di svilupparsi nella lettiera ammucchiata fra le pietre. La quantità di ioni scambiabili presente nei suoli dove fruttifica lo scorzone può essere variabile, anche se esso si sviluppa generalmente su suoli ben provvisti di potassio ma molto poveri di fosforo e sufficientemente ricchi di calcio.
  • Tuber Borchii: In suoli calcarei, argillosi (collinari), ma anche sabbiosi (pinete costiere) e in humus non moto acido; in boschi di latifoglie o di conifere o misti, a poca profondità nel suolo; dal livello del mare ai 1000 m di altitudine. Solitario e gregario.

Non essendo un agronomo questi risultati non possono portarmi ad una affermazione positiva o negativa al quesito, spero per tanto che utenti più ferrati sull’argomento mi possano aiutare a svelare l’arcano.

La processionaria

La processionaria risulta molto pericolosa in particolare nei confronti dei e cani,  quali, brucando l’erba o annusando il terreno, possono inavvertitamente ingerire i peli urticanti che ricoprono il corpo dell’insetto.
I sintomi che un cane presenta in questa spiacevole evenienza sono spesso gravi.
Il primo sintomo è l’improvvisa e intensa salivazione, provocata dal violento processo infiammatorio principalmente a carico della bocca ed in forma meno grave dell’esofago e dello stomaco.
In questi casi il padrone intuisce la gravità di quanto è successo, perché vede che il fenomeno non accenna per niente a diminuire, anzi con il passare dei minuti, soprattutto la lingua, a seguito dell’infiammazione acuta, subisce un ingrossamento patologico a volte raggiungendo dimensioni spaventose, tali da soffocare l’animale.
I peli urticanti, entrando in contatto con la lingua, causano una distruzione del tessuto cellulare: il danno può essere talmente grave da provocareprocessi di necrosi con la conseguente perdita di porzioni di lingua.
Altri sintomi rilevanti sono: la perdita di vivacità del soggetto, febbre,rifiuto del cibovomito e diarrea e soprattutto quest’ultima può essere anche emorragica.

Come curare il cane

La prima cura da apportare ad uno sfortunato cane colpito da processionaria consiste nell’allontanare la sostanza irritante dal cavo orale: per questo fine bisogna effettuare un abbondante lavaggio della bocca con una soluzione di acqua e bicarbonato.

Questa manovra non è sempre agevole, sia dal momento che il cane sta soffrendo e sia perché può essere per sua natura aggressivo; è dunque consigliabile fare uso di una siringa senz’ago con la quale poter spruzzare ripetute volte la soluzione di lavaggio in bocca.
Dopo questo primo intervento bisognerà fare d’urgenza altre cure appropriate a seconda della gravità del caso, che soltanto il veterinario potrà eseguire.

I sosia del tartufo Bianchetto 

Sono molte le specie “somiglianti” del tartufo bianchetto, tra le quali citiamo il Tuber foetidum Vittadini, con odore completamente diverso, sgradevole (acetilene), il Tuber puberulum Berk.& Br. con odore molto lieve e differente microscopia e il Tuber dryophilum Tul. & C.Tul. con peridio pressoché glabro ed odore lieve, sono un gruppo di tartufi bianchi, con spore reticolate e alveolate, difficili da distinguere. Hanno caratteristiche macroscopiche e microscopiche simili e talvolta mostrano una gamma di forme intermedie tra molte di queste specie. Non è quindi sempre possibile differenziare una specie da un’altra.

Tuber Puberolum: tuber-puberulum2

Ascoma di piccole dimensioni, ipermaturo, con odore non piacevole.
Peridio molto sottile, di colore ocraceo, bruno nocciola, bruno rossastro, più o meno maculato o chiazzato, beige biancastro nei solchi e nelle incavature.
Gleba concolore al peridio, attraversata da venature sterili di colore bianco.
Da segnalare la presenza di pochi peli peridiali, probabilmente a causa della prolungata manipolazione dell’ascoma.
La loro forma è in pevalenza globosa o subglobosa

Tuber Foetidum tuber-foetidum

Fu descritto per la prima volta scientificamente nel 1831 dal medico e micologo Carlo Vittadini. È caratterizzato dal suo odore fetido e da piccoli dossi brunastri sulla superficie del peridio.
Associata a quercia e faggio nell’Europa meridionale e con larice nel Regno Unito. L’analisi molecolare indica che T. foetidum è strettamente correlato a T. maculatum.

Tuber Maculatum tuber-maculatum

Il tuber Maculatum o comunemente chiamato tartufo Maculato matura tra l’estate e l’autunno, nel sud della Francia matura anche in primavera.
Spesso viene trovato insieme al tartufo Bianchetto.
In terreni calcarei (collinari) e sabbiosi (pinete costiere), ma anche in terreni ricchi di ummus con frustulame marcescente e in lettiere di pini; alla profondità di 1,5-6 cm; dal livello del mare fino a 500-600 m di quota.

Tuber Asa tuber-asa

Peridio con superficie bozzuta irregolare, liscia. Colore variabile dal crema al nocciola carico. Perido non separabile dalla gleba sottostante, molto sottile, di tipo ifale con ife intrecciate ad andamento prevalentemente parallelo.
Gleba color grigio/nocciola con sfumature carnee, Odore lieve acidulo, stantio. Venature sterili poco evidenti al taglio invece si evidenziano bene secondo le linee di frattura di colore bianco-grigiastro.

Tuber dryophilum tuber-dryophilum

carpoforo da 0,5 a 4 cm di diametro, a forma di piccolo tubercolo, globoso, lobulato molto irregolare, talvolta con pieghe molto profonde. Peridio non separabile dalla gleba con la superficie liscia o finemente pubescente nelle fessure, colore giallo-ocra.
compatto, duro come un giovane, prima crema bianca e poi grigio-rosa con venature bianche, peridio bianco e ben definito al taglio. Odore debole nasce dalla fine dell’inverno alla primavera, cresce l’ipogeo normalmente associato alle Querce.

Tuber oligospermum tuber-oligospermum

Il corpo fruttifero è di colorazione biancastra che può variare fino al marroncino chiaro. La carne è marrone scuro, quasi priva di odore e con sapore forte, gradevole e dolciastro. La carne può variare dal marroncino chiaro al grigio-nerastro.
È un fungo non molto diffuso, fruttifica dall’autunno alla primavera, di solito in micorriza con conifere; ama climi caldi ed è tipico dei litorali marini sabbiosi.