Alta Murgia: L’università dimostra che c’è “Marzuolo” in abbondanza, i permessi restano 70

Il Parco Nazionale dell’Alta Murgia ha presentato i risultati del progetto “Il tartufo nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia”, uno studio scientifico per la valorizzazione il tartufo , portato avanti con il Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e degli Alimenti (Di.S.S.P.A.) dell’Università degli Studi di Bari. Le numerose azioni – svoltesi nell’arco di un anno e condivise a monte con l’assessorato all’Agricoltura della Regione – hanno previsto di individuare le specie di tartufo presenti nel Parco, stimarne le produzioni, valutare lo stato dell’ecosistema tartufo, stabilire il numero di autorizzazioni rilasciabili per non esaurire la risorsa e definire le modalità di raccolta in un’ottica di sostenibilità ambientale.

Le aree oggetto di studio sono state il bosco “trullo di sopra” e “trullo di sotto” (tra Gravina e Poggiorsini), il bosco di Acquatetta (tra Spinazzola e Minervino), il bosco di Castel del Monte (Andria), il bosco Murgia Città (Bitonto), il bosco di Quasano (Toritto) e la foresta Mercadante (tra Altamura e Cassano). Se risultano due le specie più comuni di tartufo presenti nel territorio del Parco, il bianchetto (Tuber borchii) e lo scorzone (Tuberum aestivum), il dato più rilevante emerso è l’assenza di tartufi in tutti i boschi presi in esame.

Malgrado i positivi risultati della ricerca, l’amara sorpresa :Anche quest’anno saranno settanta nel Parco dell’Alta Murgia le autorizzazioni rilasciate per la raccolta dei tartufi, un numero, a quanto pare, suggerito dallo studio e motivato dal clima degli ultimi anni segnato da lunghi periodi di siccità, ma anche dall’esigenza di non alterare gli ecosistemi che caratterizzano le aree di raccolta e non arrecare disturbo alla fauna.

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