A tartufi con Nonno Vito

A tartufi con Nonno Vito

A tartufi con Nonno Vito – Ringraziamo la famiglia Iorio e in particolar modo Vincenzo per averci concesso di pubblicare questa storia.

Nonno Vito non era in realtà un cavatore professionista ma un maestro casaro, emigrato come tanti molisani oltre oceano, laddove aveva insegnato per anni, prima in Venezuela poi in Colombia, l’arte della produzione delle mozzarelle secondo l’antica tradizione molisana, per fare poi ritorno in Molise negli anni ’80. 
Un giorno, mentre era intento ad arare il suo orticello nelle campagne di Busso (CB), si accorse della presenza in alcuni signori dall’accento decisamente particolare e per certo non molisano, che si aggiravano attraverso gli immensi boschi secolari, tinti già dei colori dell’autunno. Nonno Vito rimase colpito dai cani che facevano loro compagnia, dal pelo riccio e folto e dalle palette che quegli stranieri portavano a tracolla, al punto da definirli “cacciatori senza fucile”.

Una mattina aspettò uno di loro e gli chiese cosa mai stessero facendo in quelle zone. Sorridendo il “cacciatore” gli rispose che fosse stupito di vedere contadini come nonno Vito, disposti a zappare la terra e versare sudore per ottenere un chilo di patate, quando sotto i loro piedi si nascondeva un prodotto paragonabile all’oro. Fu così che nonno Vito scoprì, grazie a quei cavatori provenienti dal Piemonte e da altre zone del Nord Italia, il valore dei tartufi e si appassionò a tal punto da decidere di utilizzare il suo gruzzoletto guadagnato oltreoceano per acquistare due cani di razza lagotto romagnolo: LEO e TRIFORA, eccezionali esemplari che divennero per lui come dei figli, trascorrendo insieme ogni giorno tanto tempo a cercare tartufi e scoprire nuovi posti segreti attraverso quei boschi, scrigno di tesori così preziosi.

Vincenzo iniziò a seguire il nonno nelle sue escursioni all’età di 13 anni, correndo da lui ogni qualvolta non dovesse andare a scuola, per partire insieme per nuove avventure con la sua ape piaggio 600.
Alle prime luci dell’ alba, verso le 4 di mattina, raggiungeva il nonno che lo aspettava con i due lagotti nella gabbietta dell’ape, un vanghetto in tasca e una sacca a tracolla verde pronta per essere riempita di tartufi. Il percorso da affrontare era lungo e faticoso ma la possibilità di vivere quei boschi incontaminati, privi di tracce del passaggio di altri esseri umani prima di loro, ricchi di sentieri nascosti e di segreti, leniva le fatiche ed accresceva la passione del piccolo Vincenzo per il mondo dei tartufi.

Nonno Vito morì nel 2001, lasciando a Vincenzo il cane Trifora, che diventò una maestra per altri cuccioli.