Una Stella tra i tartufi

Una Stella tra i tartufi

L’autrice di questo racconto unisce con particolare maestria gli aspetti storici e quelli leggendari della figura del tartufaio in chiave  romanzesca. Non con il fine di lodare il tartufo e le sue virtù ma bensi di omaggiare la figura del tartufaio e del cane con il desiderio o per meglio dire timore che del fascino e del mistero del tartufo negli anni avvenire ne rimanga ben poco.

Avevo 8 anni quando il mio babbo mi portava in quei luoghi pieni di colori e suoni armoniosi che solo la natura può riuscire a creare. Tutti lo chiamano bosco, per me è il  paradiso.

Quel giorno me lo ricordo come se fosse oggi è probabilmente era anche il giorno in cui la mia vita è cambiata per sempre, lei era li,  piccola ed affamata oltre che infreddolita. La madre e tutti i suoi fratelli non erano più tra di noi. La testa spaccata di quella povera cagna è stata la protagonista di parecchi miei incubi.

Aveva il pelo fitto e vellutato, tanto che quando piove asciugarlo è un impresa ardua, la coda nera e corta di un nero corvino, le zampe minute ma scattanti, le orecchie a punta e  i suoi occhioni provati dal dolore ma vigorosi e caparbi di chi non molla anche se la vita è dura.

Dovetti lottare per poterla portare a casa dove già il cibo era scarso e un altra bocca da sfamare era di troppo, ma insistetti, la nutrii con i miei pasti fino al giorno che i miei genitori riconobbero il suo diritto di vivere accanto a me.

Mio padre, quell’anno morì in guerra e dovetti iniziare a lavorare i campi. Mia madre era una sarta e la mia sorellina non godeva di buona salute, e tempo pochi mesi venne sepolta a fianco a mio padre.

Mia madre cadde in una profonda depressione, la casa i campi e tutto ciò che ne consegue gravavano sulle mie spalle. La mia unica amica era quella piccola stella.

Fu un giorno alle porte di novembre, al mercato, che vidi un uomo circondato dalla folla tirar fuori dal taschino quello che per me aveva tutta l’aria di una patata sporca di terra. Rimasi come ipnotizzato da quell’uomo, alto come una montagna, dall’aria burbera e fiera. Aveva un mantello nero sulle spalle e un cappello che gli copriva una parte degli occhi e grossi baffi che gli nascondevano la bocca.

Lo sguardo del suo cane era  fiero più  del padrone e scaltro quanto una lepre , ricoperto da tanto di quel pelo da sembrare lana. Sporco come pochi, portava addosso tutti i segni di un lungo viaggio.

La voce del anziano al mio fianco mi riporto sulla terra: non dirmi che non hai mai visto un tartufo?

ed io : Chi è quell’uomo?

E’ un tartufaio, uno degli ultimi!!! disposti a  vagabondare pur di trovare il ” frutto” più misterioso della terra. – Abbasso gli occhi e continuò a raccontare. – Ero come lui, ma senza cane non si puo cercare senza cane non si può trovare, un amico non si può sostituire. – Poi diresse lo sguardo verso la mia piccola Stella e disse – Se la saprai addestrare ne troverai anche tu.

A 10 anni non si è degli uomini, ma si ha quanto meno la stessa fame, e quando si ha fame la notte è lunga e fu in una di quelle notti che mi tornò alla mente il tartufaio… per essere dei tartufai bisogna conoscere il bosco, e il bosco è la mia casa bisogna amare i cani, e Stella è la mia vita, bisogna essere tenaci ,e io lo sono !!!

L’indomani  iniziai a cercare, forse un miracolo più che i tartufi. Come cazzo si fa ad addestrare un cane?

Andavo tutti i giorni nel bosco, tutti i giorni graffiato dai rovi e sporco di fango, e la mia frustrazione cresceva di pari passo alla sensazione di essere spiato.

…fino al giorno che una voce alle mia spalle…

Cosi non troverai mai nulla. Cosa stai facendo, una scampagnata?

Era l’anziano non più tartufaio con i capelli più rasi e la barba più lunga di quanto ricordassi. Stavo li li per far esplodere tutta la mia frustrazione, ma lui con un gesto mi zittì e con l’altra mano mi porse un fagotto con delle scorze di formaggio e disse:

Questo non è per te, ma per lei, nascondili nel bosco  e premiala con un boccone prelibato quando li trova. Ragazzino che dio ti aiuti. 

 Si voltò e se ne andò nel bianco della tormenta che sfiorava i nostri visi con la sciarpa che ondeggiava al soffiare del vento e gli alberi che sembravano si inchinassero al suo passaggio.

Con il passare dei giorni la mia Stella diventava sempre più brava nello scovare le scorze di formaggio, e grazie alla mia tenacia alla sua intelligenza e un pezzettino di vero tartufo misteriosamente rinvenuto sulla soglia della mia porta arrivo il fatidico giorno, mi misi a scavare anche io con lei con la foga  di un matto, fino a quando non fui investito  dall’aroma penetrante e persistente che SOLO UN FOTTUTO TARTUFO PUò AVERE… IL MAGNATUM PICO!!!

 Coi tartufi a seconda delle stagioni si giadagnava di più o di meno ma era sempre bellissimo cercarli ed arrivare stanchi la sera coperti di fanghiglia e con la fame nel corpo, per poi mangiare e bere a sazietà con ciò che la natura ti dava e il portafoglio consentiva.

Il giorno del mio venticinquesimo compleanno fummo sorpresi da una tormenta di neve e trovammo rifugio in una grotta. Riuscii ad accendere un fuoco, copri con una parte di cappotto Stella che, segnata dagli anni, si sistemò accovacciata accanto a me, stremato nel corpo e nel anima mi addormentai con il dolce suono dello schioppettio della legna. L’indomani al mio risveglio Stella non era più al mio fianco, l’ho trovata poco distante dalla grotta, a fianco a un buco evidentemente cavato da poco. Da cui si intravedeva la sagoma di un magnifico esemplare di pico. E’ stato il suo regalo di addio. Ti voglio bene Mia Piccola Stella.

Scritto da Alexa Bruno franco

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