IVA: in Europa la compravendita fra tartufai e commercianti è illegale

Il regime speciale IVA sulla cessione di tartufi effettuata da operatori non titolari di partita IVA, disciplinata ai sensi dell’art. 1, comma 109, legge n. 311/2004 deve considerarsi incompatibile con la normativa comunitaria.

Questa la tesi dell’Associazione italiana dottori commercialisti di Milano che ha depositato presso la Commissione Europea una denuncia che potrebbe determinare l’apertura di una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia. La norma, in particolare, violerebbe i dettami comunitari impedendo la detrazione dell’Iva assolta a seguito dell’emissione di autofattura e prevedendo una particolare forma di reverse charge (inversione contabile) non autorizzata.

L’art. 1, comma 109, legge n. 311/2004 (Finanziaria 2005),

ha istituito un regime speciale IVA sulla vendita di tartufi operata dai tartufai dilettanti ed occasionali non muniti di partiva IVA a favore di soggetti esercenti attività d’impresa (commercianti).
Quindi:  “i soggetti che nell’esercizio di impresa (Commercianti) si rendono acquirenti di tartufi da Tartufai dilettanti od occasionali non muniti di partita Iva sono tenuti ad emettere autofattura con le modalità e nei termini di cui all’art. 21, D.P.R. n. 633/1972, e successive modificazioni. In deroga all’art. 21, comma 2, lettera c) dello stesso decreto, i soggetti acquirenti (Commercianti) di cui al primo periodo omettono l’indicazione nell’autofattura delle generalità del cedente (omettono i dati personali del tartufaio) e sono tenuti a versare all’erario, senza diritto di detrazione, gli importi dell’Iva relativi alle autofatture emesse nei termini di legge. La cessione di tartufo non obbliga il cedente Tartufaio dilettante od occasionale non munito di partita Iva ad alcun obbligo contabile”.

LA DENUNCIA 

La norma pare errata concettualmente, siccome prevede l’applicazione dell’IVA in reverse charge in relazione ad una vendita posta in essere da un individuo (il Tartufaio non professionale) che non è un soggetto passivo IVA. Quindi, tale cessione si porrebbe fuori dal campo di applicazione dell’IVA. Questi, in quanto Tartufaio “dilettante e/o occasionale”, non agisce nell’esercizio di una attività commerciale, arte o professione, laddove, a mente dell’art. 2, paragrafo 1 della direttiva IVA n. 2006/112/CE, per regola generale, perché una cessione di beni sia soggetta ad IVA è necessario che sia effettuata “da un soggetto passivo (a cui si può applicare l’IVA) che agisce in quanto tale”.
Il principale motivo di censura evidenziato nella denuncia inoltrata alla Commissione europea riguarda il fatto che il regime speciale di cui trattasi comporta che il cessionario (il Tartufaio) soggetto passivo IVA, mediante l’emissione di un’autofattura, si renda debitore dell’imposta senza possibilità di portare in detrazione l’IVA a credito.
A ciò si aggiunga – si precisa nel documento – che al cessionario è preclusa la possibilità di rivendere il prodotto (tartufo) in regime di esenzione dall’IVA “a valle”, ai sensi dell’art. 10, n. 27-quinquies), D.P.R. n. 633/1972.
Infine, anche se nella denuncia non viene considerata quale elemento di incompatibilità prevalente, secondo l’AIDC il legislatore nazionale con la norma in esame avrebbe abusivamente introdotto un caso speciale di reverse charge, senza diritto di detrazione in relazione a una operazione posta in essere da un “Tartufaio occasionale” e quindi da un non soggetto d’imposta che, in quanto tale fa sì che l’operazione stessa sia da considerarsi non rilevante ai fini IVA. Questa situazione rende impossibile nel sistema UE di sottoporre e “reverse charge” da parte del cessionario una cessione di beni non rilevante Iva.

Fonte: Ipsoa.